No Tav, polemiche e manette

Dopo i 26 arresti, il movimento che si oppone alla nuova linea ferroviaria moltiplica le proteste. Intanto Francia e Italia procedono col nuovo progetto low cost: 8,2 milioni di euro.

Tav, le ragioni del no

28/01/2012
Una manifestazione pacifica del movimento No Tav. Foto di Paolo Siccardi/Sync.
Una manifestazione pacifica del movimento No Tav. Foto di Paolo Siccardi/Sync.

E’ un'opera inutile 

Nel decennio tra il 2000 e il 2009 il traffico merci dei tunnel autostradali del Frejus e del Monte Bianco, insieme, è crollato del 31%. Sulla ferrovia del Frejus, il traffico merci si è addirittura dimezzato dal 2000 al 2010 e ora è ben al di sotto del livello dei 5 milioni di tonnellate a cui era 50 anni fa. La linea attuale è più che sufficiente per il traffico merci attuale che è in diminuzione da oltre dieci anni e lontanissimo dalla saturazione.

I costi sono insostenibili 

Il totale dei costi preventivati a carico dell’Italia per la Torino-Lione sarebbe di 17 miliardi di euro ma non sembra fuori luogo prevedere un raddoppio dei costi di tutta l’opera ed ipotizzare per la Torino-Lione un onere per l’Italia di 35 miliardi di euro. Il contributo dell’Unione Europea fino ad ora previsto è di circa 672 milioni di euro. Per i No Tav il costo al km fornisce dati impressionanti: se si fa una media dell’intera sezione comune italo francese, dividendo il costo previsto per la tratta internazionale, si arriva a 175 milioni di euro per km. Per la sezione tutta italiana, il preventivo si aggira intorno ai 100 milioni per km. L’economista Marco Conti ha calcolato che sulla base dei soli preventivi esistenti, la Torino-Lione verrebbe a costare 1300 euro per ogni famiglia media italiana di quattro persone. Il progetto della Torino-Lione fino a dicembre 2010 ha comportato spese per almeno 780 milioni di euro senza aver realizzato neppure un centimetro dell’opera progettata.


Una manifestazione pacifica del movimento No Tav. Foto di Paolo Siccardi/Sync.
Una manifestazione pacifica del movimento No Tav. Foto di Paolo Siccardi/Sync.

Un progetto devastante 

L’attuale progetto non è meno impattante di quello vecchio, abbandonato sei anni fa. Ai margini della città di Susa, cantiere e strutture accessorie copriranno una lunghezza di tre km. Idem a Chiusa S.Michele, Avigliana, Orbassano e Torino. E il pericolo costituito dall’amianto non è stato evitato perché, oltre al tunnel internazionale di 57,3 km, c’è l’incognita delle rocce del tunnel dell’Orsiera (18,8 km)e la certezza i un alto livello di rocce amiantifere nella collina morenica. Per la sola tratta internazionale (fino a Chiusa S.Michele) LFT prevede un milione di metri quadrati di espropri e 700 mila metri di occupazioni temporanee di durata non prevedibile, in un fondovalle dove il suolo pianeggiante è scarso.

Mentre sulla tratta nazionale (Chiusa S.Michele – Settimo) il tracciato RFI comporterà la perdita per iun tempo definito o indefinito, di almeno 2 milioni e mezzo di metri quadri di suoli agricoli o urbani. Va tuttavia precisato che, la decisione di costruire l’opera per “fasi”, partendo dal 2013 a scavare il tunnel di base Susa-St Jean de Maurienne (57 km), a costruire la stazione internazione di Susa e rinviando al 2023 l’eventuale realizzazione delle opere in bassa valle (tunnel dell’Orsiera e interconnessione sulla piana delle Chiuse).

L’effetto cantieri

I cantieri producono rumori, polveri, disturbo, inquinamento, grossi fabbisogni energetici e idrici, stravolgimento dell’ambiente e del paesaggio; fanno scendere il valore abitativo delle case su un’area molto vasta. In val di Susa e nella la periferia Ovest di Torino, il sovraccarico di opere di attraversamento e di cantieri, in aree residenziali, produrrà il cosiddetto “effetto Bronx”. 

Danni alla salute 

L’esame del nuovo progetto ha prodotto l’appello di 312 tra medici di base, medici ospedalieri, infermieri e farmacisti che denuncia “numerose problematiche legate agli aspetti sanitari, con possibili ricadute sulla salute pubblica. Lo stesso studio ambientale del progetto afferma che gli incrementi di PM10 “giustificano ipotesi di impatto sulla salute pubblica di significativa rilevanza, soprattutto per le fasce di popolazione ipersuscettibili a patologie cardiocircolatorie e respiratorie, che indicano incrementi patologici del 10%”. Preoccupano poi il rischio amianto, la presenza di uranio nell’area del tracciato del tunnel di base, la presenza di radon, il rumore e le vibrazioni prodotte prima dai cantieri e poi dalla linea in esercizio, la perdita e la compromissione delle risorse idriche così come già avvenuto nel Mugello.

Le illusioni sull’occupazione

La Torino-Lione non porterà occupazione e sarebbe già un successo se il bilancio complessivo non fosse negativo: le imprese dei cantieri si impiantano come un paese autonomie per tutte le forniture dipendono dai grandi contratti. Secondo le previsioni si parla di non più di 2500 persone su una durata media dei lavori, calcolata dai progettisti,in sette anni. E anche se gli occupati fossero molti di più bisognerebbe calcolare la perdita di posti in altri comparti, come l’agricoltura, penalizzata dalla perdita di almeno 4 milioni di metri quadri di suoli fertili.

Bruno Andolfatto

A cura di Alberto Chiara
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