Shoah, i volti della memoria

Alla vigilia della Giornata della memoria, storie e testimonianze di uomini e donne travolte dalla Shoah. Per mettere a tacere ogni forma di negazionismo.

Chi vuole continuare il lavoro di Hitler?

26/01/2012
David Irving, storico britannico noto per le sue posizioni negazioniste, in un campo di lavoro polacco (foto Ansa).
David Irving, storico britannico noto per le sue posizioni negazioniste, in un campo di lavoro polacco (foto Ansa).

Sembra incredibile, eppure c'è chi ancora oggi si ostina a negare l'Olocausto. Di fronte ai cosiddetti negazionisti o revisionisti, non basta esprimere il proprio sdegno o manifestare la propria incredulità. Occorre affrontarli di petto, senza però cadere nell'errore di creare uno sorta di contradditorio, all'interno del quale sostenitori e negazionisti avrebbero la stessa dignità. In questo senso è prezioso il saggio che Donatella Di Cesare ha pubblicato per il melangolo: Se Auschwitz è nulla. Contro il negazionismo.

Intanto un dato: «Sono sempre più coloro che negano Auschwitz non solo nell'ex territorio nazista, in Germania, in Austria, ma anche in molte nazioni europee, negli Stati americani, nel Medio Oriente... L'Italia non è un'eccezione». Finora, osserva la docente di Filosofia teoretica alla Sapienza di Roma, la questione è stata affrontata in termini quasi esclusivamente storiografici, quasi si fosse costretti a "provare ciò che è successo", inseguendo il negazionista nei meandri delle sue perverse argomentazioni. Bisogna cominciare a domandarsi il perché del negazionismo. Ricordando, anzitutto, che i primi negazionisti furono i nazisti stessi, che fecero ogni sforzo per cancellare ogni traccia dello sterminio. Continuando a negarlo, i negazionisti non fanno altro che dare continuità alla loro azione.

Il filosofo tedesco Ernst Nolte, citato nel libro di Donatella Di Cesare come esponente di spicco del revisionismo (foto Blackarchives).
Il filosofo tedesco Ernst Nolte, citato nel libro di Donatella Di Cesare come esponente di spicco del revisionismo (foto Blackarchives).

Negli ultimi tempi il negazionismo è diventato «una poderosa macchina simbolica che, negando lo sterminio degli ebrei di ieri, minaccia la sopravvivenza degli ebrei di oggi». Identificato il chi, dei negazionisti (la Di Cesare ne fa una esauriente radiografia, con nomi e cognomi), emerge nitidamente allora la loro finalità: cancellare il popolo ebraico dalla faccia della terra, non riconoscendo, ad esempio, il loro diritto a uno Stato. Da Hitler ai suoi nipotini corre una linea senza soluzioni dicontinuità: «La negazione del passato, delle camere a gas, serve alla negazione del futuro, quella dello "Stato degli ebrei", creazione artificiosa in cui già Hitler aveva indicato uno dei maggiori pericoli per il mondo».

È pericoloso trattare il negazionismo alla stregua di un'opinione come tante. Non solo per non farsi trascinare in un assurdo dibattito in cui una parte chiude gli occhi di fronte alla realtà, ma anche perché ci troviamo di fronte a gente che usa la negazione non come una possibilità aperta all'alterità (un'opinione diversa, appunto, con la quale entrare in dialogo), bensì come affermazione della non esistenza dell'altro. È una negazione nichilistica, affine all'annientamento messo in atto nell'Olocausto. Quello dei negazionisti non è l'abbaglio di chi cerca la verità, ma la falsificazione della verità. Bisogna dunque attrezzarsi per arginare questo insidioso movimento, perché la memoria della cenere è di per sé votata a consumarsi, è fragile. Ed «è lì, dove ogni traccia potrebbe sparire, che il maestro della negazione si prende la briga di ultimare il lavoro dei nazisti».


Paolo Perazzolo

A cura di Paolo Perazzolo
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