Shoah, i volti della memoria

Alla vigilia della Giornata della memoria, storie e testimonianze di uomini e donne travolte dalla Shoah. Per mettere a tacere ogni forma di negazionismo.

Un bambino racconta la vita nel lager

26/01/2012

Thomas Geve aveva tredici anni quando, nel 1943, fu internato ad Auschwitz, insieme alla madre, che morì nel campo. Assegnato ai lavori forzati, Thomas sopravvisse; fu trasferito a Gross-Rosen e poi a Buchenwald, dove fu liberato nell’aprile 1945. Utilizzando il retro dei formulari delle SS, realizzò una serie di disegni che vengono per la prima volta presentati in Italia, a Torino, al Museo diffuso della Resistenza, della deportazione, della guerra, dei diritti e della libertà dal 27 gennaio al 13 maggio. La mostra replica il titolo del volume Qui non ci sono bambini. Un'infanzia ad Auschwitz di Thomas Geve (Einaudi).

Questi disegni, ingenui e terribili, teneri e tragici allo stesso tempo, documentano il destino dei bambini nei campi di sterminio: una volta arrivati, venivano mandati alle camere a gas e potevano salvarsi solo se apparivano più grandi della loro età o se mentivano per essere inclusi tra gli adulti idonei al lavoro. Thomas Geve si salvò perché venne destinato a imparare il mestiere di muratore.

I suoi disegni rappresentano una testimonianza straordinaria, per l'immediatezza con la quale un bambino di 15 anni è riuscito a rappresentare la realtà del Lager. Si può dire che le immagini di Geve sono il corrispettivo in termini visivi del Diario di Anne Frank. Due testimonianze uniche, che raccontano l’esperienza concentrazionaria dal punto di vista dei bambini. I disegni originali sono conservati a Gerusalemme presso lo Yad Vashem (Ente nazionale per la memoria degli eroi e dei martiri della Shoah) e non sono trasportabili a causa della fragilità della carta. L’autore – che vive oggi in Israele – sarà presente a Torino in occasione dell’inaugurazione della mostra e nei giorni immediatamente successivi e incontrerà gli studenti e la cittadinanza.

Della dimensione di una cartolina, i disegni furono realizzati utilizzando il retro dei formulari delle SS, acquerelli e pastelli colorati che lui chiese durante il mese in cui rimase nel campo dopo la liberazione, perché troppo debilitato. Questa testimonianza della vita nel campo di concentramento nacque dall’esigenza di raccontare al padre la sua esperienza e fermarne il ricordo per sempre. Con pochi tratti Geve ha saputo disegnare l’orrore: il tentativo dei nazisti di eliminare nei detenuti ogni traccia di umanità e, al di là del tratto infantile, dimostra una grande maturità di pensiero. La sofferenza è espressa senza pathos: l’intento è quello di spiegare con spirito documentario il funzionamento interno dei campi, le condizioni di vita dei prigionieri, le malattie, il sistema di schedatura degli internati, i lavori che si svolgevano nel campo, le selezioni che decidevano periodicamente chi era destinato a sopravvivere e chi no, il sistema delle camere a gas...

I disegni furono conservati dal padre in una cassaforte climatizzata fino al 1985, anno in cui Thomas Geve li donò allo Yad Vashem. Furono esposti per la prima volta nel 1995 dal Memoriale di Buchenwald – in occasione del cinquantesimo anniversario della liberazione – e, successivamente, a Bonn e Marburg in Germania, in Polonia, Svizzera, Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, Serbia e Paesi Bassi.


Paolo Perazzolo

A cura di Paolo Perazzolo
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