30/04/2010
I maratoneti attraversano Betlemme. A sinistra, padre Ibrahim Faltas, parroco di Gerusalemme; al centro Gianni Petrucci, presidente del Coni; a destra, monsignor Liberio Andreatta, vice presidente dell'Opera Romana Pellegrinaggi.
Non sarà un evento destinato a stravolgere le sorti di popoli in conflitto, a determinare gli equilibri geopolitici di una regione del mondo. Eppure, i Giochi di Giovanni Paolo II, la maratona-pellegrinaggio organizzata da sette anni dall’Opera romana pellegrinaggi con il Centro sportivo italiano, senza dubbio fanno breccia nelle coscienze. Più di trecento corridori italiani, palestinesi e israeliani hanno percorso insieme, domenica 25 aprile, i dieci chilometri che separano Betlemme, in Territorio palestinese, da Gerusalemme. Niente di competitivo: lo scopo della maratona non è quello di arrivare primi, bensì di unire simbolicamente due popoli e due città. Così, per un giorno, israeliani e palestinesi hanno camminato, corso, marciato fianco a fianco; si sono passati di mano in mano la fiaccola accesa, simbolo di pace e di unione, hanno attraversato il check point e la barriera difensiva che divide i due Stati.
Gli italiani in corsa sono stati circa 170, un centinaio gli israeliani, circa 150 i palestinesi, fra quelli che avevano già in precedenza il permesso per passare il check point e quelli che l'hanno richiesto e ottenuto esclusivamente per questa giornata (circa 45).
A guidarli, in testa al gruppo dei maratoneti, monsignor Liberio Andreatta, vice-presidente dell’Opera romana pellegrinaggi. E poi il campione di pallavolo Andrea Zorzi e Tom Perry, l'alpinista che scala le montagne a piedi nudi. A lui, quest’anno, è toccato l’onore di essere il tedoforo, ovviamente senza scarpe. Infine gli sportivi per passione, atleti ed ex, gli israeliani di origine etiope, i drusi dalla Galilea, tantissimi pellegrini arrivati da varie parti d'Italia. “La pace non la fanno i politici”, ricorda padre Cesare Atuire, amministratore delegato dell’Opera romana pellegrinaggi, “la pace va costruita e vissuta nella normalità del quotidiano, tutti i giorni, così si crea comunità”. E aggiunge: “I pellegrinaggi servono anche a questo. Passare almeno una volta per questa terra dovrebbe essere parte della formazione di ogni persona”.
La prima maratona fu organizzata nel 2004: in quegli anni il turismo religioso aveva subìto una battuta d'arresto, i pellegrini avevano paura di andare in Terra Santa per la situazione di forte tensione dopo la seconda intifada. L'idea di una maratona-pellegrinaggio servì a riportare tanti pellegrini in quei luoghi, ad animare nuovamente il flusso turistico nella zona.
Quest’anno la maratona ha raggiunto un risultato senza precedenti: per la prima volta sei cittadini israeliani – cinque uomini e una donna – hanno avuto il permesso di entrare in Territorio palestinese (normalmente interdetto) e di cominciare la loro corsa a Betlemme. Piccoli passi, che non cambiano il mondo ma fanno sperare. E per l’anno prossimo gli organizzatori hanno assunto un impegno: portare alla maratona anche i palestinesi della Striscia di Gaza.
I JPIIGAMES 2010: non solo maratona. I JPIIGames 2010 (Giochi di Giovanni Paolo II) hanno coinvolto anche altri sport: un triangolare di pallavolo femminile tra squadre italiana, palestinese e israeliana; una staffetta di nuoto tra squadre miste e una mattinata di ciclismo attraverso il Gospel Trail (la Pista del Vangelo), un percorso in Galilea, lungo il lago di Tiberiade, dedicato ai luoghi del Nuovo Testamento. Questa edizione della maratona-pellegrinaggio si distingue anche per il numero dei partecipanti: i partecipanti italiani sono stati in tutto 700.
Dossier a cura di Giulia Cerqueti