Referendum, il popolo italiano tradito

04/05/2013

Ma gli italiani, nel 1993, dopo lo scandalo di Tangentopoli non avevano detto no al finanziamento pubblico ai partiti? Sì, essendo però il referendum abrogativo, spiegano i costituzionalisti, venne abolita la normativa precedente e si creò un vuoto. Subito riempito dal Parlamento che otto mesi dopo il referendum, a dicembre, con la Legge 515 aggiorna la normativa precedente e istituisce il “contributo per le spese elettorali”.

Le nuove regole vengono applicate per le elezioni politiche del 27 marzo 1994 e per l'intera legislatura ai partiti arrivano 47 milioni di euro, erogati in un'unica soluzione. La politica, insomma, si riprende con gli interessi quello che momentaneamente aveva perso.
Nel 1999 con la Legge 157 viene reintrodotto a tutti gli effetti il finanziamento pubblico bocciato dagli italiani. Il rimborso elettorale previsto non ha infatti attinenza diretta con le spese effettivamente sostenute per le campagne elettorali.

La legge 157 prevede cinque fondi: per le elezioni alla Camera, al Senato, al Parlamento Europeo, per le Regionali e i referendum, erogati in rate annuali, per 193.713.000 euro in caso di legislatura politica completa (l’erogazione viene interrotta in caso di fine anticipata della legislatura).
La legge entra in vigore con le elezioni politiche del 2001. Nel 2002, la Legge 156 trasforma in annuale il fondo e abbassa dal 4 all’1% il quorum per ottenere il rimborso elettorale. L’ammontare da erogare, per Camera e Senato, nel caso di legislatura completa passa da 193.713.000 euro a 468.853.675 euro.

Antonio Sanfrancesco

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