13/12/2012
Matteo, 29 anni, traduttore, laurea in Lingue, esperienza di master all’estero e tanti impieghi precari. «Ma non mi rassegno», dice.
«È sempre più difficile vedersi con
una prospettiva, dare una direzione
chiara al proprio futuro», racconta
Matteo, 29 anni, di Milano. La sua è
una storia comune tra i tanti superlaureati
“precari” che devono districarsi nella jungla
di stage, tirocini formativi, collaborazioni occasionali,
contratti a progetto, ritenute di acconto
e voucher.
Il curriculum di Matteo è lungo: laurea
triennale e magistrale in Lingue straniere
con il massimo dei voti, Erasmus a Brema e
vari soggiorni in Germania, corsi post-laurea
al Goethe Institut, lunga esperienza in diversi
campi professionali e nel volontariato.
Accanto
a qualche “lavoretto”, l’esperienza più
lunga è stata per una prestigiosa agenzia di
monitoraggio della stampa. Tre mesi di tirocinio
gratuito, poi altri tre con un rimborso
spese, finalmente un anno di contratto a progetto.
«Ma poi, da un giorno all’altro, mi è
stato detto di rimanere a casa», racconta. A
quel punto, Matteo prova la strada delle scuole
non parificate per il “recupero anni”, dove
insegna inglese. Paghe minime, in ritenuta
d’acconto, senza contratto, con lezioni che
saltano da un giorno all’altro.
Pure questa esperienza finisce, mentre
continuano le traduzioni nel mondo editoriale,
anche ad alto livello. Matteo non manca
nessuna delle fiere editoriali più importanti
(Bologna, Torino, Francoforte), traduce
in italiano un libro per bambini, due per
adulti (uno con Mondadori) e tutti i numeri
di una rivista tedesca dedicata agli appassionati
di tiro con l’arco.
Tutto con contratti a
progetto o collaborazioni occasionali. Ogni
mese ha un budget variabile, e fare progetti
sul lungo periodo diventa difficile. Matteo
pertanto deve rimanere nella famiglia di origine,
che, come per molti coetanei, «mi ha
aiutato anche economicamente ed è stato
l’unico ammortizzatore sociale nei mesi difficili
».
La ricerca di un impiego stabile continua
con tutti i metodi, dalla consegna a mano
dei curricula all’invio per e-mail. «Mi sono
anche iscritto al Centro per l’impiego, ma
non mi hanno mai chiamato, mentre le agenzie
interinali dicono che non c’è nulla per
me, perché ho una formazione troppo alta».
Così, a quella economica, si accompagna
una crisi delle prospettive di vita: diventa
più difficile pensare al futuro e a costruire
una famiglia, per non parlare del mutuo di
una casa. Spiega Matteo: «Anche l’aspetto psicologico
è importante, confrontarsi con i coetanei
aiuta a vincere il rischio di sentirsi soli
e dispersi.
Di fronte al precariato, hai quasi
una crisi di identità, perché siamo abituati a
essere definiti dal ruolo sociale. Che lavoro
fai dice anche chi sei». Ma Matteo non si rassegna.
Ha intrapreso una nuova avventura:
«Da quest’anno, ho deciso di iscrivermi alla
facoltà di Scienze religiose per diventare insegnante
di religione. Intravedere finalmente
una strada chiara mi sta aiutando molto. Forse
la sfida che ha davanti la nostra generazione,
segnata dallo smarrimento ma anche da
tanta voglia di riscatto, è proprio questa: riuscire
a non smettere di pronunciare la parola
futuro con entusiasmo».
Stefano Pasta