Dossier - Il vero volto di una manovra

Che cosa si nasconde davvero dietro la manovra finanziaria bis, da 45 miliardi, varata per fronteggiare la crisi dei mercati? Le scelte e le indecisioni di una politica miope.

Scelte politiche per proteggere potenti lobby elettorali

27/08/2011
Il tabellone luminoso della Camera dei Deputati sul quale compaiono i risultati delle singole votazioni in aula.
Il tabellone luminoso della Camera dei Deputati sul quale compaiono i risultati delle singole votazioni in aula.

E’ stupefacente, ed in parte anche deprimente, osservare come il Governo, e non mi riferisco solo all’attuale, abbia ormai da tempo sul piatto gravi problemi strutturali del Paese e non abbia mai fatto nulla per risolverli con serietà, affrontando ogni singola componente con competenza, studiando i risvolti economici e sociali di ogni possibile scelta, valutando il rapporto costi-benefici di ogni azione. Sono stati fatti numerosi interventi di tamponamento per raccattare soldi qua e là nel disperato tentativo di non contravvenire alla promessa fatta in campagna elettorale di non aumentare le tasse. Si sono inventati condoni, scudi, una tantum… poi un bel giorno l’Europa, che è certamente meno ingenua di noi italiani, ci dà una bacchettata, un aut aut, e precipitosamente i nostri politici disfano le valigie, già pronte per trascorrere lunghe ed esotiche vacanze, e, improvvisamente folgorati dall’evidenza di una crisi della cui entità non si erano accorti fino al giorno prima, (d’altronde anche il premier li aveva rassicurati in tal senso), tirano fuori dal cassetto, in soli tre giorni a cavallo di ferragosto, una serie di interventi che francamente mi sembrano un po’ estemporanei.

Per esempio sulle Province. Tutti ne hanno proposto l’abolizione, molti dichiarano di avere disegni di legge già pronti, se ne parla da un bel po’, ed alla fine quello che viene fuori dal decreto è che verranno abolite le province con meno di 300 mila abitanti e di estensione inferiore a 3.000 Km2; badiamo bene hanno scritto o non e, vale a dire che i requisiti suindicati devono essere rispettati entrambi. Si annuncia pertanto in una prima fase l’abolizione di 37 province, che poi diventano 34, e che ora sono arrivate a 28. Scommettiamo che diminuiscono ancora? Ci siamo accorti per esempio che qualcuna di queste afferisce a Regioni a Statuto Speciale? Quanto rimarrà in definitiva di questo “interventone” taglia poltrone? E quanto recuperiamo dei 14 miliardi complessivi che ci costano le Province? Sarebbe stato sicuramente più trasparente ed equo, oltreché ovviamente più efficace, eliminarle tutte.

E non è finita qui. Si prevedono tagli consistenti a Regioni, Comuni ed Enti Locali in genere. Dopo aver appena detto che anche questi “sprecano” in modo considerevole non posso non trovarmi d’accordo con i tagli annunciati. Peccato però che nella manovra (almeno fino ad oggi) non è specificato, nel rispetto delle autonomie locali, che cosa le Regioni ed i Comuni dovranno tagliare; e così, grazie anche alla loro autonomia, gli enti locali scaricheranno i tagli quasi esclusivamente sui cittadini più deboli, sui servizi agli anziani, agli invalidi, sugli asili…o ci illudiamo forse che riducano prima le auto blu, gli stipendi degli amministratori, e le sedi di rappresentanza?

Il problema va affrontato in modo serio e credibile e si muove su due binari:

il primo di natura “strutturale”, sul quale debbono avviarsi riforme radicali, che possano cambiare la mentalità stessa di questo Paese, che ridimensionino pesantemente i costi e il ruolo distorto che la politica ha assunto nella nostra società; pensare ad una riforma che guardi molto più in là dei prossimi tre anni, ben più in là di un mandato elettorale; una cura profonda che garantisca un futuro alle nuove generazioni e nel contempo salvaguardi le famiglie attuali, e questo non si può improvvisare in tre giorni a cavallo di ferragosto, cionondimeno è quanto mai urgente e va avviato immediatamente, e più di ogni altra manovra rivaluterebbe la nostra immagine e darebbe fiducia ai mercati.

E poi c’è un altro binario, quello dell’emergenza acuta, immediata, dei soldi da trovare subito. Qui non si può far altro che applicare la famosa politica dell’”una tantum”, che poi è quella banalmente perseguita fino a questo momento. Bisogna trovare i soldi. E a chi pensate debbano essere chiesti? La patrimoniale è iniqua, mentre la tassazione delle famiglie no? Colpire i grandi capitali e le rendite deprimerebbe l’economia del paese, mentre il recupero sull’irpef delle famiglie che dall’anno prossimo non potranno scaricare mutui, spese per la sanità e per l’istruzione dei figli invece no? Ma veramente crediamo che l’incremento dell’IVA sui beni di lusso possa scombussolare l’economia? E’ più eticamente scorretto ritassare i capitali “scudati” che, notiamo bene, nella migliore delle ipotesi erano capitali portati all’estero illegalmente (peraltro tassati con un misero 5%), o chiedere un contributo di “solidarietà” a chi onestamente, da anni, lavora nel nostro paese e dichiara con trasparenza di guadagnare più di 90 mila euro?

Non c’è molto da commentare su scelte politiche che, mascherate da valutazioni di convenienza pseudo-economica per il Paese, in realtà mirano a proteggere potenti lobby elettorali e interessi di ricchi sostenitori politici.

Roberto Jucci
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