14/04/2013
Il segreto più segreto del Moby Prince inizia con la fine dell’unico naufrago del traghetto che non sia morto in seguito alle conseguenze dell'incendio: un marinaio ritrovato in mare, morto per annegamento. Ma non è stato il mare ad ucciderlo. Francesco Esposito, secondo le perizie, si è gettato, o è caduto, in mare dopo aver respirato i fumi dell’incendio per un tempo molto modesto, quindi nell’imminenza della collisione, e non lontano dalla petroliera Agip Abruzzo. Il suo cadavere non presenta segni di bruciature, nessun contatto con l’incendio.
Esposito ha lottato, ha nuotato a lungo prima di soccombere. Alle ore 9.25 dell'11 aprile 1991 la Motovedetta 5530 della Gurdia di Finanza «avvistava un corpo (poi recuperato dalla M/V 5808) che galleggiava bocconi in un denso strato di olio combustibile (sarà identificato per Esposito Francesco)», recitano gli atti.
Il fatto è che l’olio combustibile non è quindi il “greggio” sversato – in mare e sul traghetto – dalla petroliera Agip Abruzzo: in pratica si tratta di nafta. Una sostanza che teoricamente non avrebbe dovuto provenire dalla petroliera. Una traccia utilissima per cercare di ricostruire in base a dati oggettivi gli avvenimenti e che, invece, non ha destato alcuna curiosità investigativa nonostante sia chiaro a tutti che si tratta del carburante usato dalle navi e trafficato per commerci illegali di carburante o per rifornire clandestinamente navi dedite a traffici criminali (perché non possono rifornirsi regolarmente nella darsena petroli).
Durante l'autopsia di Esposito è emerso un dato che da la misura del quantitativo di nafta presente in mare: praticamente il marinaio della Moby Prince è annegato nel combustibile. «L’esame autoptico fornì risultati apprezzabili», si legge nella deposizione del responsabile dell’equipe che svolto le perizie necroscopiche. «Morte da asfissia da annegamento».
«Naturalmente», continua il referto, «un annegamento un po’ particolare perché probabilmente ebbe a risentire del fatto che l’acqua nella quale per un po’ di tempo l’Esposito ebbe a trovarsi dopo che finì in mare era un’acqua che conteneva petrolio, nafta, probabilmente anche in uno strato non trascurabile».
«Gli indumenti», continua il perito, «erano intrisi sostanzialmente da quello che noi avremmo detto nafta o comunque olio oligominerale o qualcosa del genere».
Che si sia trattato di nafta o petrolio fa un’enorme differenza. La cisterna n° 7 della petroliera Agip Abruzzo, colpita e sfondata dalla collisione, risulta essere stata carica di petrolio greggio “Iranian Light” e non di nafta. Quindi il notevole quantitativo di nafta in cui annega Esposito deve necessariamente avere un’origine diversa dalla cisterna al centro della collisione e dell’incendio.
Da dove sia arrivata è tutt'ora un irrisolvibile mistero che forse affonda le sue radici in inconfessabili traffici di armi e movimenti di navi dedite a questa attività.
Luigi Grimaldi - Luciano Scalettari