18/06/2012
Vittorio Prodi, parlamentare europeo (foto Imagoeconomica).
Fisico di professione, è stato docente universitario e ricercatore in diversi istituti nazionali e internazionali. Sposato con Alessandra, da cui ha avuto quattro figli, Vittorio Prodi è al secondo mandato come parlamentare europeo e da Bruxelles ha seguito la preparazione del Vertice della Terra Rio+20.
- Professore, cosa possiamo aspettarci da Rio?
"Da un lato, la Conferenza sullo sviluppo sostenibile può avviare una transizione accelerata e profonda verso un’economia non solo verde, ma un’economia che genera crescita, crea posti di lavoro ed elimina la povertà investendo nel capitale naturale, oltre a preservarlo, che viene presentata come lo strumento dal quale dipende la sopravvivenza a lungo termine del nostro pianeta. Ma un investimento ancora maggiore dovrà essere pensato sul capitale umano. Dall’altro, a Rio+20 spetta il
rilancio della la riforma della governance internazionale dello sviluppo sostenibile, di cui si avverte da tempo l’urgenza".
- Quando parla di governance, non pensa che sia urgente arrivare a una
Corte internazionale dell'ambiente perché trovino giustizia tanti disastri ambientali che seminano morti e causano danni irreversibili agli ecosistemi?
"Ho appoggiato la risoluzione che il Parlamento Europeo ha votato nel settembre 2011, che solleva il problema della giustizia ambientale internazionale.
Il Parlamento Europeo, infatti, per garantire che la legislazione globale in materia ambientale sia “più vincolante e applicabile”, propone di istituire un “tribunale internazionale dell’ambiente”.
Nella sua Risoluzione in vista di Rio+20, il Parlamento Europeo affianca alla proposta di una corte ambientale anche quella di un organismo, un’autorità internazionale, che eserciti le funzioni di mediazione, di garanzia di buona amministrazione e del rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini, che nel contesto internazionale, europeo e nazionale sono attribuite agli ombudsmen o difensori civici.
Quest'ultima ipotesi, quella di un Alto Commissario per le Future Generazioni, sembra avere più possibilità di concretizzarsi a Rio.
Le due prospettive non sono in contraddizione tra loro, ma costituiscono strumenti giuridici complementari, entrambi mirano a promuovere un'efficace giustizia ambientale e, con le parole di Benjamin Barber, una “democrazia senza confini”, per rispondere ai “problemi senza confini” di un mondo interdipendente. In sostanza anche le future generazioni che dovranno ereditare la terra, siederanno ai tavoli della trattativa".
- Lei è molto ottimista, ma non c'è il rischio che a Rio ci si trovi solamente per festeggiare i 20 anni del Vertice della Terra del 1992 senza fare reali passi avanti?
"A quel vertice dobbiamo la prima codificazione sul piano internazionale non solo dei principi fondamentali che regolano l’iniziativa e la legislazione in campo ambientale come il concetto di biodiversità, di sostenibilità, e la decisione di mitigare il riscaldamento globale e agire per l'adattamento al cambiamento climatico.
Ora bisogna fare di più, andare oltre la green economy, di cui tutti parlano, e ripensare profondamente il nostro modo di vivere. Basta con l'indicatore dittatoriale del Pil, basato sulla produzione e il consumo di beni materiali. Serve una “dematerializzazione” della società che è la conseguenza del nostro confrontarci con la limitatezza delle risorse naturali. Devono contare di più i beni comuni, la solidarietà: due pilastri di questo cambiamento non possono essere che la dignità della Persona e il Bene Comune".
- Le risorse sono limitate, quindi adoperiamole meglio...
"Esatto, bisogna limitare l'ingordigia nell'uso delle risorse, basti pensare al suolo che è risorsa scarsissima e che dobbiamo impiegare meglio, privilegiando la produzione alimentare. Con i soli residui agricoli-forestali potremmo produrre un terzo del nostro consumo di gas. Se decontaminassimo i siti da bonificare potremmo usarli per
coltivazioni a fini energetici senza rubare così terra alla produzione di cibo. Serve poi una manutenzione integrata del territorio, che significa ad esempio mantenere il più possibile l'acqua dove cade, magari con salsicciotti di tessuto riempiti di terriccio e disposti su linee di livello, come versione moderna di terrazzamenti. Bisogna manutenere i corsi d'acqua aumentandone i tempi di ritenzione per mitigare le alluvioni, ma anche sfoltire i boschi come misura preventiva contro gli incendi, in tempi di siccità crescente. Lo sfruttamento delle energie rinnovabili, che sono per definizione disperse nel territorio, renderà possibile questo enorme lavoro di manutenzione del territorio. In poche parole dobbiamo adattarci al cambiamento climatico con misure concrete perché non abbiamo molto tempo davanti".
Gabriele Salari
Gabriele Salari