01/09/2011
Muammar Gheddafi: il 1° settembre 1969 guidò il colpo di Stato che depose re Idris per intaurare la Jamahiriya libica.
Tripoli, 1 settembre 2011
«Oggi doveva essere la sua festa, siamo pronti a far fronte a ogni sua rappresaglia». Taher ha il volto che si contrae in un'espressione di preoccupazione, mentre indica l'effige di Muammar Gheddafi su un piccolo arazzo, trasformato in zerbino, all'ingresso del quartier generale dei ribelli, nel rione di Souk el-Jumma.
Proprio oggi cade il 42esimo anniversario della rivoluzione al Fatah, il colpo di Stato messo in atto dai colonnelli libici, guidati dal Qaid, che il 1° settembre 1969 depose re Idris, per intaurare la Jamahiriya, la repubblica delle masse.
Ribelli in perlustrazione intorno a Tripoli.
Il timore di attacchi terroristici è alto in tutta Tripoli. I
controlli ai check-point, che erano diventati giorno dopo giorno più
blandi, fino all'Aid al-Fitr, la festa di fine Ramadan, sono tornati
serrati a partire da ieri sera. Bloccate le vie d'accesso ai maggiori
alberghi cittadini, il Corinthia e il Radisson Blu, considerati tra i
target privilegiati di eventuali auto-bombe. «Durante i controlli di
oggi (ieri, ndr) abbiamo trovato una vettura carica di esplosivo»,
rivela Taher. Ed è notizia di ieri anche l'esplosione di un'auto con quattro ribelli a bordo, alla periferia est della città.
Tutti morti i passeggeri, anche se le circostanze dell'agguato restano
oscure. Potrebbe essersi trattato di un banale incendio originato da
alcune taniche di benzina presenti nell'auto.
Un ribelle controlla dall'alto i fedeli radunati in Piazza dei Martiri, nella capitale libica.
«L'importante è non piombare nella psicosi – dice Aladin Steita, giovane docente universitario di Scienze biologiche, prestato alla rivoluzione – girano voci incontrollate: c'è chi dice che il Raìs avrebbe fatto preparare almeno mille auto da far esplodere in questi giorni.
Gheddafi è ormai un ricordo, ma continua a far paura». Del resto si
tratterebbe di un film già visto. Tra giugno e luglio, i maggiori
alberghi cittadini di Bengasi, il Tibesti e l'Ouzu, erano stati oggetto
di due attentati, anche in questo caso con auto cariche di esplosivo.
Alcuni insorti durante uno scontro davanti all'Hotel Corinthia, a Tripoli.
«Credo sia l'unica arma che gli resta, ma non esiterà ad utilizzarla –
dice Mohamed Gariani, kalashnikov in pugno, al check-point dei ribelli
situato proprio accanto all'ingresso dell'Hotel Corinthia –
quest'uomo ha dimostrato di non farsi alcuno scrupolo nell'uccidere la
sua stessa gente. Figuriamoci se avrà remore nel commissionare
attentati». A rinfocolare la tensione ci ha pensato oggi Saif al Islam, figlio del Raìs, che ha incitato a non arrendersi tutti i supporter del regime ancora presenti a Tripoli.
Gilberto Mastromatteo