29/08/2011
Tripoli, 29 agosto 2011
«Il problema principale in questo momento è la mancanza d’acqua». Mustafà Al Jafari indica una fila di taniche da 20 litri, quelle con cui da ormai una settimana vengono rifornite le cisterne dell’ospedale di Tripoli. Lui è un giovane medico che ormai vive in corsia dallo scorso 21 agosto, quando i “ribelli” del Nafusa e di Misratah sono entrati nella Capitale. Oggi, a una settimana di distanza, preoccupano di più le carenze nell’approvvigionamento idrico e i periodici blackout alla corrente elettrica, rispetto ai cecchini di Muammar Gheddafi, che nel giro di pochi giorni hanno mietuto oltre 400 vittime tra combattenti e civili.
«Il 90 % delle ferite sono dovute a colpi d’arma da fuoco sparati
dall’alto – spiega ancora Al Jafari– ancora sabato abbiamo avuto un paio
di casi di bambini colpiti alla testa. Ma crediamo che nel giro di una
settimana tutto tornerà alla normalità». I primi negozi hanno iniziato a
riaprire tra venerdì e sabato, mentre in quella che una volta era la
“piazza verde”, oggi addobbata dalle bandiere tricolori del Cnt, aumenta
giorno dopo giorno il numero di persone che vogliono festeggiare la
liberazione. “Siamo rimasti barricati in casa per una settimana – dice
Omar, ingegnere petrolchimico in pensione – i combattimenti erano
continui, sentivamo il rumore dei proiettili d’artiglieria che
centravano i palazzi. Oggi va meglio”.
Una settimana dopo l’arrivo dei “ribelli”, la tensione per le strade di
Tripoli, stagradualmente lasciando il campo alla gioia, incontenibile,
per la liberazione. “Ora controlliamo praticamente tutta l’area
metropolitana – dice Mohamed, uno dei combattenti che sono giunti
domenica scorsa da Yefren, sulle montagne del GebelNafusa – ma restano
sacche di resistenza nell’area a sud, vicino all’aeroporto
internazionale”. Dopo la presa del quartier generale del Qaid, a Bab
al-Aziziya e del carcere di Abu Salim, la zona meno sicura resta quella
meridionale, dove continuano a verificarsi scontri con i lealisti in
fuga, che stanno lasciando dietro di sé una feroce scia di sangue.
In questo video tratto dalla Tv araba Al Jazeera, i ribelli armati in marcia verso Sirte, fra Tripoli e Bengasi, per l'assalto finale alla città natale di Muammar Gheddafi.
Nella giornata di giovedì, in un edificio adibito a prigione, a poca
distanza dall’aeroporto, sono stati trovati i cadaveri carbonizzati di
decine di oppositori del Regime, catturati dalle Forze di Gheddafi negli
ultimi mesi. «Li hanno bruciati vivi per rappresaglia – osserva Mohamed
– e temiamo di trovarne molti altri nei prossimi giorni». In città, nel
frattempo, sono sorti una decina di consigli locali, uno per ogni
macro-area metropolitana, per organizzare le necessità di base della
popolazione. Il Ramadan ormai alla fine aiuta a supplire alla carenza di
cibo e acqua durante il giorno. Ma al tramonto iniziano i problemi. «Si
cercano decine di persone, scomparse tra domenica e martedì – ancora
Mohamed – i loro nomi sono affissi in diverse moschee cittadine. Di
certo alcuni di essi non faranno ritorno a casa».
Gilberto Mastromatteo