27/07/2012
Primo nostro pronostico sui Giochi di Londra: non saranno vistosamente “i più” di qualcosa. E questo non è un male. L’augurio nostro è che siano Giochi normali, in chiave umana. Non ci interessano i superuomini. Anzi.
Non saranno i più costosi: Pechino 2088 ha speso, in mille modi, cifre che nessun altro paese al mondo può affrontare. Non saranno quelli che più cambieranno il volto di una città: Barcellona 1992 ha addirittura conquistato il lungomare, grazie alla zona olimpica, e poi Londra è solida ma anche stabile, ferma nella sua vecchiaia acquisita, supernobilitata dal tempo e dal prestigio. Non saranno quelli più ricchi di risultati sensazionali: ormai si gareggia continuamente ad alto livello, i Giochi olimpici sono ultraconcorrenziati da campionati mondiali e continentali, da meetings ad alto livello, da eventi “estremi”, è finito, strafinito il tempo in cui la meglio gioventù ogni quattro anni si dava uno straordinario appuntamento per verificare e incrementare nel confronto i progressi generali e individuali. Non si dovrebbero vedere primati galattici, specialmente se l’antidoping sarà una cosa seria. Nel nuoto, secondo sport olimpico dopo l’atletica, i nuovi costumi, cioè i costumi tornati all’antico, non aiuteranno più a galleggiare facile e dunque ad andare più velocemente.
Non saranno i Giochi più connotati politicamente: anche lasciando perdere le edizioni dei boicottaggi (africano nel 1976, statunitense nel 1980, sovietico nel 1984), adesso i Giochi comandano il profilo basso persino ai siriani. E gli arabi che aprono alle loro donne possono, se non convincere, almeno non motivare ulteriormente nel “contro” gli israeliani; e poi gioca molto, in positivo, il melting pot etnico di Londra e della gente londinese.
Non saranno Giochi troppo nazionalistici, troppo “locali”: la Gran Bretagna vincerà molto, la novità sarà pensiamo la sua dominazione nel ciclismo, pista ma anche strada, però ci sarà spazio anche per nazioni emergenti (basti pensare ai piccoli stati caraibici), a talenti speciali nati in un posto speciale e scovati prima, motivati poi non tanto dai tecnici e neanche dal patriottismo, ma dai soldi degli sponsor che li usanop per la pubblicità di prodotti assortiti.
Non saranno i Giochi della televisione trionfante, dominante, condizionante. Ormai il “fai da te” tecnologico nel settore delle riprese è diffuso, in teoria (e magari in pratica) con una telecamera sistemata in un dente cariato si possono trasmettere le gare all’altro capo del mondo senza pagare un centesimo di diritti. Intanto che predatori di immagini, confidenze, sussurri e grida riprenderanno, twitteranno, bloggeranno i Giochi a uso e consumo del popolo di internet, e alla faccia di tutti i divieti.
Non saranno più i Giochi dei cinesi, non torneranno a essere i Giochi degli statunitensi e dei russi o degli africani. Gli atleti fra l’altro si comprano al mercato dei passaporti, delle nazionalizzazioni facili. Per i paesi del petrolio gareggiano kenyoti, etiopi, somali acquisiti anzi acquistati col denaro. Non ci sarà neppure una tappa fondamentale nella rincorsa della donna all’uomo, quanto a prestazioni: perché ormai il grosso del tragitto è stato compiuto e gli avvicinamenti avvengono per piccole frazioni di tempo o di spazio. E anche questo non è mica un male.
Non saranno neanche i Giochi del sesso sfrenato fra atleti, con scandali annessi veri o inventati, perché in questo campo, peraltro posto di leggende metropolitane o no ma sempre abbastanza fasulle messe in giro da chi confonde libertà sessuale con libertà tout court, il massimo sembra già essere stato fatto e ci sono tanti giovani che pensano anche a tanto altro.
Non saranno i Giochi dello sport estremo, felicemente ancora tenuto lontano dal cartellone: anche se questo sport ormai incombe, favorito tra l’altro dalla possibilità di venire organizzato sotto un tendone alla Truman Show, facilmente bunkerizzabile contro le intrusioni dei bracconieri delle immagini, i privati armati di tecnologie: si pensi all’arrampicata a mani nude su una parete tremenda (arriverà, oh se arriverà).
Non saranno i Giochi della programmazione consolatoria, nel senso di “stiamo preparandoci per la prossima edizione”: nel 2016 la sede sarà Rio de Janeiro e niente di quanto apparirà importante a Londra sarà importante nel meravigliosamente orribilmente anomalo Brasile.
Saranno Giochi bellissimi, come sempre accade anzi avviene (accadere è opera del caso, avvenire dell’uomo) quando si riunisce la meglio gioventù del mondo per fare gare regolamentate e non per sperimentare violenze, con stavolta, intorno e sopra di essa, gente di potere che però aborre le violenze quanto aborre la privazione o anche la limitazione della libertà.
Gian Paolo Ormezzano