Mennea-Simeoni, impossibile pensarli separati

21/03/2013

E’ una Sara Simeoni che si rassegna, al telefono che non ha pace, a raccontare il suo Pietro Mennea. «Ho appena finito di piangere», sussurra quasi meravigliandosi di essere arrivata in fondo alla nostra chiacchierata, senza interrompersi: «Forse è per quello che sono riuscita a parlare in una maniera che sembra quasi normale. Non riesco a pensarci, che non ci sia più». Nel non riuscire a pensarci, c’è il senso di tutto e un pezzo di storia che si può toccare. Perché nell’immaginario dell’atletica italiana, di quando l’atletica italiana era il centro d’Europa e del mondo, non esiste Sara senza Pietro.

Due facce della stessa stagione, della stessa medaglia, dello stesso destino. Facce che più diverse non avrebbero potuto essere, Sara la dolce, Pietro il ruvido. Diversissimi in tutto, però simili in gara, tenaci della stessa tenacia caparbia, capaci, tutti e due, di guardare il limite negli occhi e non tremare un attimo prima di superarlo. Spesso il limite che separa i buoni atleti dai campioni, è l’incapacità di esserci quando davvero conta, quando la posta in gioco è davvero alta, quando tutti se l’aspettano e la pressione bagna le ali a chi deve correre e saltare.

Ecco Sara e Pietro in questo hanno avuto, nei loro caratteri potenzialmente imparagonabili, la stessa capacità di non tremare davanti alle sfide. Erano certezza in gara. Le stesse gare. Gli europei di Praga, 1978, l’Olimpiade di Mosca dimezzata, perché boicottata dal blocco americano, eppure completissima per loro – pur senza inno né bandiera ¬– perché ci sono arrivati detentori entrambi del record del mondo, senza più bisogno di dimostrare di avere nelle gambe la capacità di battere chiunque. Nessuno in quel momento aveva saltato e corso più veloce di loro.

E quando s’è trattato di andarsi a prendere quell’oro che la politica avrebbe potuto negar loro, ci sono andati senza tradire. Impossibile pensarli separati, anche se forse li divideva tutto, a cominciare dal rapporto con i rispettivi allenatori: Pietro Mennea e Carlo Vittori si stimavano ma non erano amici, lavoravano insieme ma corre voce che non abbiano mai condiviso neppure una cena fuori dal campo. Stamattina, invece, al telefono di Sara Simeoni ha risposto il suo allenatore di allora, Erminio Azzaro, il compagno di una vita, sposato in un giorno d’inverno del 1987. «Sono il marito, sta rispondendo all’altro telefono. Può chiamare tra dieci minuti». Non avrà pace, oggi Sara, perché non c’è ricordo di Pietro Mennea che possa prescindere da Sara Simeoni. E' un fatto. E’ storia.

Elisa Chiari

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