13 giugno - Undicesima del Tempo ordinario

Luca (7,36-8,3)

In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. [...] Gesù disse al fariseo: «Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati».


Sui passi del perdono

     «I tuoi peccati sono perdonati» (Lc 7,48). Togli Signore la mia colpa e il mio peccato. Il giusto di ogni tempo ha cercato risposte al suo disagio interiore, il desiderio di liberazione è connaturale alla ricerca di senso e di armonia: «Beato l’uomo a cui è tolta la colpa e coperto il peccato» (Sal 31,1). Un canto di liberazione che il salmo veste di gioia per la nuova condizione ritrovata, per il sentiero della pace interiore che fa i conti con il vero da dire, il vero da dirsi: «Ti ho fatto conoscere il mio peccato, non ho coperto la mia colpa» (Sal 31,5).

    Per l’uomo del Libro non sempre il desiderio di riscatto si coniuga con la certezza di essere stato esaudito e il rischio che la colpa resti muove disagio. Conoscere la propria colpa, gridarla fuori per renderla libera di correre, è già un grande vantaggio,ma essere certi che il Signore, il Dio d’Israele, ha rimosso ciò che rendeva prigioniero e schiacciava la sostanza della vita è altra cosa, è certezza che insieme al peccato lavato si è liberati dall’angoscia interiore, si è protetti dalla condanna futura. Solo Cristo è in grado di dare risposta, solo in lui il desiderio di liberazione si sposa con la piena attuazione del progetto per cui gli uomini non vengono condannati per la colpa, ma liberati dall’amore che supera qualsiasi legge e garantisce l’armonia del cuore a chi sa abbandonarsi alla misericordia del Padre in Gesù.

    Chi sa quanto avrà aspettato la peccatrice alla porta del fariseo Simone. Forse nascosta tra la folla, troppo appariscente per la luce del giorno, camuffata, confusa tra quegli stessi che al solo tatto saprebbero riconoscerla, furtivamente si presenta nel mezzo della festa e tra parole dotte il suo silenzio dice di più. Muta si prostra ai piedi del Maestro, affoga di pianto i suoi piedi, li carezza di tenerezza con i suoi capelli.

    Mai abbandono è stato più eloquente, mai parola è stata più gridata dal silenzio di una donna che dice fede senza professare, che chiede perdono senza mostrare veli.

    Resta agli occhi del mondo la peccatrice da pagare nel segreto, da denunciare all’aperto, il suo peccato è evidente e tale resta ai benpensanti senza via d’uscita. Donna che cercava il Maestro e che con altre compagne già redente forse avrebbe voluto essere famiglia: «C’erano con lui i dodici e alcune donne... Maria, chiamata Maddalena...» (Lc 8,2.3). La peccatrice di suo porta i capelli e le lacrime, la risposta del Maestro è un macigno sull’arroganza degli ignoranti: «Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato» (Lc 7,47).

    L’amore rende liberi, la ricerca dell’amore muove i passi al perdono, per tutti: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai» (2Sam 12,13).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO ROMANO, curata dal cardinale Dionigi Tettamanzi. 

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