Luca
(7,36-8,3)
In quel tempo, uno dei
farisei invitò Gesù a
mangiare da lui. Egli
entrò nella casa del
fariseo e si mise a tavola.
Ed ecco, una donna, una
peccatrice di quella città,
saputo che si trovava
nella casa del fariseo,
portò un vaso di
profumo; stando dietro,
presso i piedi di lui,
piangendo, cominciò a
bagnarli di lacrime, poi
li asciugava con i suoi
capelli, li baciava e li
cospargeva di profumo.
[...] Gesù disse al fariseo:
«Per questo io ti dico:
sono perdonati i suoi
molti peccati, perché ha
molto amato. Invece
colui al quale si perdona
poco, ama poco». Poi
disse a lei: «I tuoi peccati
sono perdonati».
Sui passi del perdono
«I tuoi peccati sono perdonati» (Lc 7,48).
Togli Signore la mia colpa e il mio peccato.
Il giusto di ogni tempo ha cercato
risposte al suo disagio interiore, il desiderio
di liberazione è connaturale alla ricerca
di senso e di armonia: «Beato l’uomo a cui è
tolta la colpa e coperto il peccato» (Sal 31,1).
Un canto di liberazione che il salmo veste di
gioia per la nuova condizione ritrovata, per
il sentiero della pace interiore che fa i conti
con il vero da dire, il vero da dirsi: «Ti ho fatto
conoscere il mio peccato, non ho coperto
la mia colpa» (Sal 31,5).
Per l’uomo del Libro non sempre il desiderio
di riscatto si coniuga con la certezza di essere
stato esaudito e il rischio che la colpa resti
muove disagio. Conoscere la propria colpa,
gridarla fuori per renderla libera di correre,
è già un grande vantaggio,ma essere certi
che il Signore, il Dio d’Israele, ha rimosso ciò
che rendeva prigioniero e schiacciava la sostanza
della vita è altra cosa, è certezza che insieme
al peccato lavato si è liberati dall’angoscia
interiore, si è protetti dalla condanna futura.
Solo Cristo è in grado di dare risposta,
solo in lui il desiderio di liberazione si sposa
con la piena attuazione del progetto per cui
gli uomini non vengono condannati per la
colpa, ma liberati dall’amore che supera
qualsiasi legge e garantisce l’armonia del
cuore a chi sa abbandonarsi alla misericordia
del Padre in Gesù.
Chi sa quanto avrà aspettato la peccatrice
alla porta del fariseo Simone. Forse nascosta
tra la folla, troppo appariscente per
la luce del giorno, camuffata, confusa tra quegli
stessi che al solo tatto saprebbero riconoscerla,
furtivamente si presenta nel mezzo
della festa e tra parole dotte il suo silenzio dice
di più. Muta si prostra ai piedi del Maestro,
affoga di pianto i suoi piedi, li carezza di
tenerezza con i suoi capelli.
Mai abbandono è stato più eloquente, mai
parola è stata più gridata dal silenzio di una
donna che dice fede senza professare, che
chiede perdono senza mostrare veli.
Resta agli occhi del mondo la peccatrice da
pagare nel segreto, da denunciare all’aperto,
il suo peccato è evidente e tale resta ai
benpensanti senza via d’uscita. Donna che
cercava il Maestro e che con altre compagne
già redente forse avrebbe voluto essere famiglia:
«C’erano con lui i dodici e alcune donne...
Maria, chiamata Maddalena...» (Lc
8,2.3). La peccatrice di suo porta i capelli e
le lacrime, la risposta del Maestro è un macigno
sull’arroganza degli ignoranti: «Sono
perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto
amato» (Lc 7,47).
L’amore rende liberi, la ricerca dell’amore
muove i passi al perdono, per tutti: «Il Signore
ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai»
(2Sam 12,13).
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