14 novembre 2010 - XXXIII del Tempo ordinario


Luca (21,5-19)


In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse:«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta. [...] Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. [...] Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».


Vigilanti e in attesa


«Nemmeno un capello del vostro capo perirà» (Lc21,18). Si avvicina la conclusione dell’anno liturgico e il lezionario ci induce a riflettere sulla provvisorietà del tempo e la necessità di essere vigilanti per acchiappare l’attimo che separerà il tempo dal non tempo: «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta» (Lc 21,6). Vigilanza che costringe il credente a essere sempre all’erta con la valigia pronta, colma di giustizia, di pietà, di misericordia, di Vangelo creduto e vissuto.

    Testimonianza di attesa positiva del futuro incontro fondata sulla certezza che il Signore, giusto giudice, non dimentica la sua promessa: «Per voi cultori del mio nome sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia» (Mal3,20). Gli amici dello sposo sanno di essere invitati alla festa e tuttavia non conoscono né l’ora, né il luogo dell’incontro. Felici di aver ricevuto l’invito, già di per sé esperienza di gioia, nell’attesa chiedono che si appresti l’ora del banchetto, godono della visione di ciò che dopo vedranno davvero e cantano: «Vieni, Signore Gesù» (Ap 22,20).

    Vigilanza e attesa: due parole significative, che descrivono il discepolo del Maestro di Galilea, parole che superano il loro stesso contenuto e legano la vita credente sia all’adesione intellettuale dell’uomo a Dio, sia all’esperienza concreta che chiama a raccolta coloro che nel dire “credo” sono pronti, ogni momento della loro vita, a testimoniarlo.La cintura ai fianchi e la lucerna accesa, nell’attesa del festoso convivio, sono propri di chi non sta con le mani in mano, di chi si chiede se sia pronto per l’incontro con lo Sposo, se abbia preparato o meno un regalo, se abbia approntato o meno l’abito di circostanza.

    Vigilanza e attesa del Regno impongono una vita capace di giustizia, di perdono, di apertura alla gratuità, impegno nella costruzione nel tempo della città di Dio e per questo vale la regola: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi» (2Tes 3,10).

    Indubbiamente, l’atteggiamento del giusto rischia l’incomprensione, l’isolamento, perfino la persecuzione. Egli attende il futuro rivoluzionando il concetto di un tempo chiuso in sé stesso, che pretende tutto, qui e ora, provocando l’amarezza di non farcela, una lotta fraticida per rubare il tempo all’altro e trovare soltanto per sé ricchezze e onori. Ma il Maestro di Galilea conforta ilgiusto e dona ai suoi discepoli, e a quanti lo sanno aspettare aprendo il cuore alla speranza, un’immagine formidabile, carica di consolazione e di significato: «Neppure un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime» (Lc 21,18-19).

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Rito romano

In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO ROMANO, curata dal cardinale Dionigi Tettamanzi. 

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