Matteo (13,24-43)
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. [...] E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. [...] Al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”».
Siamo grano e zizzania
«Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo» (Mt 13,37). Ancora tre parabole che, come il Vangelo di domenica scorsa, ci parlano del Regno dei cieli, «simile al lievito» (Mt 13,33) mescolato nella farina, e della forza della parola di Dio, «il più piccolo di tutti i semi» (Mt 13,32). Un seme buono, il seme dell’amore, che seminato nel mondo potrebbe produrre grano per tutti e risolvere le tante miserie che affliggono l’umanità. Ma ecco che «mentre tutti dormivano » (Mt 13,25) sui dolori del mondo, storditi dall’ingordigia, venne il nemico della dignità umana e seminò la zizzania che crebbe insieme al grano fino al tempo della mietitura.
Una parabola, questa del grano e della zizzania, che desta un’immediata attenzione e forse non è un caso che anche i discepoli, delle tre parabole ascoltate, chiedano al Maestro: «Spiegaci la parabola della zizzania» (Mt 13,36). Il timore di essere puniti alla fine dei tempi è tale che impedisce di comprendere il significato profondo della parabola, intimamente legata alle altre due, in cui la metafora del piccolo seme e del lievito ci assicurano che la parola di Dio, al tempo della mietitura, avrà convertito il mondo intero, quando sulla terra ci sarà «un solo gregge e un solo pastore» (Gv 10,16).
Il nemico che semina il male, il diavolo, il divisore, di cui parla il Maestro, è in questo caso quella parte di noi che, lasciandosi sedurre da falsi valori, ci allontana dal progetto di Dio e ritarda l’avvento del Regno.
In questo senso ognuno di noi è grano e zizzania e se con umiltà analizziamo noi stessi, i
nostri limiti e le nostre debolezze, possiamo imparare a eliminare la zizzania che cresce dentro di noi ogni volta che ci tiriamo indietro di fronte a un fratello che ci chiede aiuto o che implora il nostro perdono.
Nessuno di noi è totalmente grano o totalmente zizzania, l’esperienza ci insegna che la vita è un camminare con noi stessi in sentieri a volte spianati, a volte tortuosi. Ci sono giorni esaltanti e giorni in cui ci crolla il mondo addosso, situazioni in cui siamo capaci di grande generosità e situazioni in cui prevale il nostro egoismo, eppure siamo sempre noi stessi e così come siamo, grano e zizzania che crescono insieme, siamo amati dal Signore che ha dato la sua vita per la salvezza del mondo.
Forse, più che cercare di capire a quale categoria apparteniamo, dovremmo pregare affinché quel piccolo seme cresca dentro di noi fino a diventare un albero rigoglioso, per imparare da noi stessi a estirpare dal cuore dell’umanità la zizzania che soffoca il seme della pace. È necessario pregare con fede per la salvezza di tutti, consapevoli che «lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza» (Rm 8,26).
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