3 luglio 2011 - XIV domenica Tempo ordinario


Matteo (11,25-30)


In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».


Nell’abbraccio del Padre

«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Come sempre la parola del Maestro risuona come una carezza consolatrice nel silenzio di un mondo, mai come oggi, in preda alla paura di non farcela. Paura della crisi economica, paura dell’inquinamento, delle catastrofi ambientali, paura delle malattie, paura di amare, di perdere le persone care, paura di vivere, paura di morire, paure umane, giustificate.

In un tempo in cui tutto appare instabile, precario, la paura di perdersi, di non saper affrontare le difficoltà della vita, è una paura che richiede un grande coraggio, non quello dei dotti e dei sapienti, ma quello dei piccoli, dei puri di cuore che con la sola forza della fede affrontano la vita nella sua verità drammatica e meravigliosa a un tempo: «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11,29).

Tutta la scienza di questo mondo non sa dare risposte a chi perde il posto di lavoro, alle famiglie che non arrivano a fine mese, ai bambini che muoiono di fame a causa di un’economia che ha fatto i suoi conti con il valore del denaro, ma non con quello della giustizia. La scienza non può fermare un terremoto, né sa guarire tutte le malattie, ma chi ha fede non ha più paura, sa che il «Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chi è caduto» (Sal 145,14).

Anche nelle avversità vive la vita in una luce diversa, non sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, perché lo Spirito di Dio abita in lui (cf. Rm 8,9). Chi ha fede ha il coraggio delle idee che genera democrazia, giustizia, pace; il coraggio etico che rifiuta la massificazione e smaschera la menzogna di un mondo che ci vorrebbe tutti uguali rifiutando chi è diverso; il coraggio di lottare, con le armi dell’amore, alla ricerca di sé e degli altri, nell’accettazione dei propri limiti e di quelli altrui, per darsi una mano nei giorni felici e in quelli più bui e andare insieme alla sequela di Cristo dove ogni giogo diviene soave e leggero.

In un tempo che sembra uccidere ogni speranza, chi ha il coraggio della fede, chi segue Gesù e osserva la sua Parola, sente l’abbraccio di un Padre misericordioso e pietoso che, «lento all’ira e grande nell’amore» (Sal 145,8), sconfigge ogni morte e rivela ai piccoli la gioia del suo Regno. «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Mt 11,27) e Gesù rivelerà il suo volto a quanti con il coraggio della fede, anche nella tempesta, non avranno paura di andare controcorrente per annunciare al mondo il suo Vangelo.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO ROMANO, curata dal cardinale Dionigi Tettamanzi. 

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