Luca (1,26-38)
L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te. [...] Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù». [...] Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
Benedetto il “sì” di Maria
Mi stupisce la semplicità con cui Luca narra un evento così sorprendente nella storia di Israele e dell’umanità. Mi colma di attesa gioiosa sapere che quanto accade a Maria riguarda la salvezza di tutti noi, ci restituisce sublime dignità all’interno del disegno misericordioso di Dio. Gesù salverà tutti instaurando in ciascuno di noi il suo «regno che non avrà fine». Mi soffermo, ancora una volta, sulla precisione con cui Luca circostanzia l’evento: ci dice quando è accaduto.
Il riferimento è a un precedente evento straordinario (al sesto mese dall’annuncio a Zaccaria) collegato a questo attraverso Elisabetta, che sta portando a termine una «maternità umanamente impossibile ». Luca poi introduce Giuseppe, protagonista non marginale, tra gli altri, del Vangelo. Mi faccio attento alle parole dell’angelo Gabriele che non chiama Maria per nome, ma si rivolge a lei come alla «piena di grazia».
Proprio questo “nome” è al centro della festa di oggi: Maria è l’Immacolata perché totalmente a disposizione di Dio, senza aver nulla preventivato, senza interferire nell’agire di Dio con progetti propri: semplicemente obbedisce credendo. E così diventa Madre di Gesù, il Figlio di Dio. Maria è vicina a noi: donna del suo tempo, conosce la fragilità umana e sa come le nostre vie non possono condurci fin dove Dio vuole arrivare. Si sorprende di quanto le accadrà, chiede come potrà essere, in modo pienamente responsabile, disponibile: ma infine si arrende al bene dell’umanità.
A partire dal suo “sì”, il mondo inizia a non essere più quello vecchio, consumato dalle infedeltà umane all’Alleanza, dono già grande del Signore. Inizia un mondo nuovo, in un grembo esile, in una persona umile, in cui però agisce unicamente e pienamente la forza di Dio: in questo Maria è Immacolata. Credo non sia pura coincidenza anche il nome dell’angelo: Gabriele, un nome che rimanda al Dio forte e potente, che sa come dare compimento alla sua volontà di bene.
E qui c’è un paradosso: questo Dio forte è in attesa di un “sì” umano. Benedetto sia da tutti noi questo “sì” di Maria, spiegato e pregato nel Magnificat! Il canto di Maria rende forte, attraverso Elisabetta che sta in ascolto, la speranza di Israele. Noi, ancora oggi ripetiamo questo canto nella Liturgia delle Ore, alla sera, per fare memoria e, di conseguenza, per benedire, insieme a lei, il giorno in cui la Madre del Signore ha “consentito” a Dio di farsi prossimo a tutti. Non solo: il Magnificat di Maria sembra suscitare il Benedictus di Zaccaria.
Anche questo canto diventa lode nella Chiesa che al mattino, iniziando ogni giornata, sa di dover guardare al suo Signore come a un Sole che sorge dall’alto per manifestarci la misericordia di Dio. Tutto questo dal semplice “sì” di una donna che si è affidata al Signore per dare compimento alle attese più vere e profonde dell’uomo, di ciascuno di noi.
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