Luca
(9,11-17)
In quel tempo, Gesù prese
a parlare alle folle del
regno di Dio e a guarire
quanti avevano bisogno di
cure. Il giorno cominciava
a declinare e i Dodici gli si
avvicinarono dicendo:
«Congeda la folla perché
vada nei villaggi e nelle
campagne dei dintorni, per
alloggiare e trovare cibo:
qui siamo in una zona
deserta». Gesù disse loro:
«Voi stessi date loro da
mangiare». Ma essi
risposero: «Non abbiamo
che cinque pani e due
pesci, a meno che non
andiamo noi a comprare
viveri per tutta questa
gente». C’erano infatti
circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli:
«Fateli sedere a gruppi di
cinquanta circa». Fecero
così e li fecero sedere tutti
quanti. Egli prese i cinque
pani e i due pesci, alzò gli
occhi al cielo, recitò
su di essi la benedizione,
li spezzò e li dava
ai discepoli perché li
distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà
e furono portati via i pezzi
loro avanzati: dodici ceste.
Il corteo dei poveri di Dio
«Io sono il pane vivo disceso dal cielo, se uno mangia di questo pane vivrà in eterno» (Gv 6,51). Le strade si coloreranno di festa, i balconi mostreranno la gioia negli addobbi, nei fiori, nelle coperte stese ad aspettare il santo passaggio. Vicoli e contrade allargheranno gli spazi per fare posto ai pellegrini in cerca del divino Maestro. Gli ostensori innalzati al cielo, liberi da mura, racconteranno di miracoli passati, in cui un pezzo di pane fu irrorato di vero sangue nelle mani incredule di un prete. Memoria di passaggio di santa reliquia di città in città, tra cori osannanti di popolo ammirato, cortei di chierici in solenni paramenti, autorità civili e religiose pronte per l’ossequio.
È tradizione che resta fedele al desiderio di portare Cristo crocifisso e risorto nel suo vero corpo lungo le strade del quotidiano vivere, nei borghi dei consumati giorni, perché tutto venga da lui benedetto e al suo passaggio ogni ginocchio si pieghi.
Passaggio eucaristico che dice grazie a colui che ha dato sé stesso per la nostra salvezza. Pane vivo che dà vita, donato agli uomini nella cena delle consegne. Pane, memoria di compagnia: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19), pane e vino, ostia di salvezza, pane in carne, vino in sangue.
Il corpo del Signore passa dove la vita passa, raccoglie sentieri di speranza, briciole di nostalgia, carezze di sostegno. Accoglie il grido di dolore, asciuga lacrime disperate. Passa dove la vita passa e mentre come pane si mostra vivo nel suo vero corpo, in anima e divinità, mostra il dono di sé all’umanità in cerca di futuro. Rimane presente nelle braccia di chi lo cerca e ancora passando spezza il pane, lo moltiplica perché a nessuno manchi, rendendo sazio l’affamato e libero il prigioniero. Spezza il pane della giustizia e ricorda ai convenuti per la festa che il pane non condiviso è un pane rubato. Rimanda al giorno in cui la compassione del Maestro dinanzi alla folla affamata provocò l’inaudito miracolo della moltiplicazione.
Ai discepoli, preoccupati per mancanza di cibo, la sua parola ricordò che la ricerca del Regno passa per le strade del pane spartito: «Voi stessi date loro da mangiare» (Lc 9,13). Uno strettissimo legame sussiste tra il memoriale eucaristico e la condivisione compassionevole, tra l’offerta, il sacrificio e la misericordia. Difficile avvicinarsi all’offerta senza praticare le vie della giustizia.
Le strade in festa attendono il passaggio del Corpus Domini, dietro di lui, se gli occhi non si lasceranno ingannare, i poveri di Dio in corteo: ciechi, storpi, affamati, perseguitati. Allora riconosceremo il Signore nel corteo dei cristi crocifissi e tutto sarà chiaro: «Voi stessi date loro da mangiare».
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