Luca (22,14-23,56)
Quando venne l’ora, Gesù
prese posto a tavola e gli
apostoli con lui, e disse
loro: «Ho tanto desiderato
mangiare questa Pasqua
con voi, prima della mia
passione, perché io vi dico:
non la mangerò più, finché
essa non si compia nel
regno di Dio». E, ricevuto
un calice, rese grazie e
disse: «Prendetelo e fatelo
passare tra voi, perché io
vi dico: da questo momento
non berrò più del frutto
della vite, finché non verrà
il regno di Dio». Poi prese il
pane, rese grazie, lo spezzò
e lo diede loro dicendo:
«Questo è il mio corpo, che
è dato per voi; fate questo
in memoria di me». E, dopo
aver cenato, fece lo stesso
con il calice dicendo:
«Questo calice è la nuova
alleanza nel mio sangue,
che è versato per voi».
La sua passione per noi
Rileggo con voi i gesti più trasparenti
dell’amore di Gesù, riflesso splendido
dell’amore del Padre, e con voi riascolto
alcune sue parole del tutto singolari. Desidererei
però che, di questa lettura semplice e
di questo ascolto attento, possiate far tesoro
nella prossima Settimana santa per la vostra
preghiera e per la vostra contemplazione. Ci
sono momenti importanti in cui la nostra fede
e il nostro “sì” all’amore di Dio si traducono spontaneamente nello stupore che esclama:
«Ha fatto questo per me!».
Mi sento invitato con voi all’ultima cena di
Gesù, che ai suoi amici e a noi dice: «Ho tanto
desiderato mangiare questa Pasqua con voi»
e che ci invita al “rendimento di grazie” per
l’intera storia di salvezza compendiata in
quel pane eucaristico di cui Gesù dice: «Questo
è il mio corpo» e in quel calice presentato
con le parole: «Questo calice è la nuova alleanza
nel mio sangue, che è versato per voi».
Condivido con tutti voi il senso più bello
e impegnativo di ogni celebrazione domenicale:
«Chi tra voi è più grande diventi come
il più giovane, e chi governa come colui
che serve... Io sto in mezzo a voi come colui
che serve». Lo faccio nella speranza che
queste parole di Gesù, insieme a quelle che
seguono, possano essere autenticate dalla
nostra esperienza d’ogni giorno: «Voi siete
quelli che avete perseverato con me nelle
mie prove e io preparo per voi un regno...
Satana vi ha cercati per vagliarvi come il
grano; ma io ho pregato per voi, perché la
vostra fede non venga meno... Pregate, per
non entrare in tentazione». E ci offre sé
stesso come esempio affascinante: «Pregava
dicendo: Padre, se vuoi, allontana da
me questo calice! Tuttavia non sia fatta la
mia, ma la tua volontà».
Nel momento della
nostra estrema fragilità, ci è poi di conforto
lo sguardo di Gesù, che sentiamo su
di noi, come Pietro, pieno di misericordia e
di comprensione: «Il Signore si voltò e fissò
lo sguardo su Pietro che, uscito fuori,
pianse amaramente».
Contempliamo anche lo scambio di vittime
per il sacrificio definitivo, celebrato una volta
per tutte sull’altare della croce: il Giusto viene
scambiato con il peccatore (Barabba) perché
questi sia liberato dalla sua colpa: «Pilato rimise
in libertà colui che era stato messo in prigione
per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano,
e consegnò Gesù al loro volere».
Insieme poi iniziamo a comprendere come
il discepolo debba seguire il Maestro: «Fermarono
un certo Simone di Cirene, che tornava
dai campi, e gli misero addosso la croce, da
portare dietro a Gesù».
Infine le parole più attese: «Padre, perdona
loro perché non sanno quello che fanno». Sono
parole pronunciate perché tutti siamo storditi
dall’inconsapevolezza o dall’indifferenza.
Ma c’è anche e soprattutto la parola della
misericordia, detta a uno solo, nel quale però
tutti vorremmo essere identificati: «In verità
io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Il Vangelo giunge così al suo vertice
più alto, là dove non contano le
nostre parole e i nostri gesti, a
volte stolti e presuntuosi
nell’autosufficienza, ma
conta solo la passione
di Dio per noi: un dono
di sofferenza che
sfocia nel dono della
vita risorta e gloriosa.
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