Giovanni (10,27-30) In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Chi è la nostra guida?
«Le mie pecore ascoltano la mia voce» (Gv 10,27). La quarta domenica di Pasqua è consacrata al Buon Pastore. Tenerezza di un evento che supera l’iconografia gentile di un biondo pastore con candide pecorelle in spalla, difficile da coniugare con l’asprezza della vita pastorale, con i combattimenti delle quotidiane transumanze. Il Buon Pastore dà la vita per le pecore, mette a repentaglio l’esistenza per la difesa del gregge: la vita delle pecore è la vita del pastore. Il Bel Pastore non sfigura di fronte alla verità del suo sacrificio, non è banalizzata la sua offerta se il più bello tra i nati di donna trasfigura sé stesso sfigurando il proprio viso per fare scudo ai suoi amati dall’aggressione dei lupi. Il Bel Pastore non è un mercenario che fugge nell’ora del pericolo e volta le spalle alla responsabilità di proteggere il futuro del gregge con la propria vita. Il Bel Pastore non è un falso pastore, menzognera guida che baratta la vita del gregge per il suo personale vantaggio. È altra da quella sciagurata guida raccontata da Ezechiele che ruba il latte e la lana, divora la carne, «non difende le pecore deboli, non va in cerca delle disperse» (Ez 34,4). Per colpa dei falsi pastori il gregge rischia la dispersione, mentre la voce del Buon Pastore richiama le pecore lontane, consola quelle scoraggiate e conforta quelle ferite. È la sua voce che permette nella notte di orientarsi per rintracciare l’ovile e far ritorno a casa. L’Agnello- Pastore, che ha dato e dà la vita, conosce una a una le sue pecore e le «guiderà alle fonti delle acque della vita» (Ap 7,17). Si metterà dinanzi a loro e passo dopo passo segnerà il percorso: «Non avranno più fame, non avranno più sete, non li colpirà il sole, né arsura alcuna» (Ap 7,16). La sicurezza del gregge è la sua voce riconosciuta tra tante e tra tante unica a garantire la salvezza della vita. Se il Pastore è con il suo gregge, le pecore possono camminare anche in una valle oscura, saranno al sicuro, ogni paura sarà vinta. Grazie al Pastore ogni dolore, ogni tormento troverà ragione: «E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (Ap 7,17). La sua voce continua ogni giorno a parlare al cuore del suo gregge e a suscitare significati di vita, orientamento di percorsi, segno di speranza e di misericordia. La sua voce, la sua Parola, percorre le strade degli avvenimenti e racconta di un Dio, amante dell’uomo, che vuole che nessuno si perda. Egli scende a rintracciare i perduti della storia, a rincorrere le pecore sbandate, a riprendersi le smarrite: «Il Padre mio, che me le ha date, è il più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre mio» (Gv 10,29). La sua Parola passa di storia in storia, di vita in vita, per la testimonianza di chi l’ha resa sostanza della propria esperienza, di chi ha scelto di essere servo della voce,ministro della Parola perché come ha ordinato il Signore si «porti la salvezza sino all’estremità della terra» (At 13,47). Noi siamo il suo popolo, gregge che egli guida, recita il salmo, il Signore è buono e «noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo » (Sal 100,3). Il Bel Pastore rende bella la nostra speranza, seguirlo è salvezza.
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