20
set
La quantità di vapore saturo che condensa nel raffreddamento da espansione di una massa d’aria umida in ascesa, dipende dalla temperatura. Ad es., 1 kg d’aria satura che nell’ascesa si raffreddi da 20 a 10 °C, condensa circa 7 gr di vapore, mentre 1 kg d’aria satura che passi da 10 a 0 °C condensa appena 3,5 gr di vapore. La quantità di vapore condensato dipende anche dalla velocità d’ascesa della massa d’aria satura: quanto più essa sale veloce, tanto più sarà il surplus di vapore saturo condensato in un secondo. Ecco perché la quantità di piogge al suolo in un secondo – intensità delle precipitazioni – raggiunge valori notevoli quando una massa d’aria umida, divenuta satura, è abbastanza calda e animata da forti correnti ascendenti. Tali condizioni sono responsabili di nubifragi o alluvioni e si riscontrano nei temporali estivi dopo un periodo di afa, oppure nelle veloci masse d’aria caldo-umide dal Nord Africa, costrette a scavalcare le barriere montuose, quali l’Appennino ligure-toscano o le Prealpi lombardo-piemontesi.
Ogni giorno evaporano 1000 miliardi circa di tonnellate d’acqua. Il vapore liberato da oceani, mari, laghi, fiumi e vegetazione viene trasportato in alto da correnti di varia natura: moti convettivi sopra aree soleggiate, sollevamento forzato sopravvento a ostacoli orografici, sollevamento forzato da parte di fronti, ascendenza ove vi è un ciclone tropicale o extra-tropicale. Nell’ascesa l’aria si raffredda di 1 °C ogni 100 metri, fino a raggiungere la saturazione. A questo punto ci aspetteremmo che, qualora l’ascesa prosegua, l’ulteriore raffreddamento causi l’unione delle molecole di vapore eccedente generando così goccioline di nube (droplet). In realtà il processo non è così spontaneo, perché la neonata goccia tende a disintegrarsi per evaporazione. In particolare, in condizioni di saturazione, due molecole di vapore potrebbero restare unite solo per un centomilionesimo di secondo; in una goccia di 3 molecole la terza dovrebbe incontrare le altre in tale lasso di tempo e il terzetto risulterebbe 100 volte più stabile, e così via. Nelle nubi però ogni goccia contiene 500 miliardi circa di molecole di vapore. Come è possibile metterle insieme? Ne riparleremo.
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20 settembre 2011 - Commenti
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04
lug
La forma di una goccia di pioggia assomiglia ad una pagnotta.
I più sono convinti che una goccia di pioggia abbiano una forma più o meno allungata simile ad una mini-pera o ad una lacrima sul viso. In effetti siamo abituati a vederla così rappresentata nei testi di meteorologia, nei libri scolastici, nei manifesti e nei cartelloni pubblicitari, confortati per di più dal fatto che tale è in effetti la forma della goccia di goccia che, sotto i nostri occhi, scivola lentamente verso il basso sul vetro della finestra di casa o sul parabrezza dell’auto. In realtà le cose non stanno proprio così.
Infatti gli scienziati, attraverso l’impiego di macchine fotografe molto sofisticate hanno scoperto che le gocce di pioggia, mentre sono in libera caduta nell’aria, non hanno, come spesso siamo soliti visualizzarla, l’aspetto di una lacrima, bensì la forma di una mini-pagnotta con superficie quasi piatta nella parte rivolta verso il basso. Insomma la goccia sarebbe schiacciata nella sparte inferiore, quella che, nella caduta, avanza verso il suolo. Strano ? Non troppo. Infatti durante la sua caduta, a velocità intorno 3-6 metri al secondo, la goccia viene frenata e contrastata dalla resistenza dell’aria la quale appunto tende a conferirle la tipica forma schiacciata nella parte più avanzata nel senso del moto.
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04 luglio 2011 - Commenti
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06
giu
Curiosando
L'arcobaleno è generato dalla dispersione ottica della luce solare che attraversa gocce di pioggia rimaste in sospeso nell’aria dopo un acquazzone. La luce viene prima deviata nel penetrare nella goccia, riflessa sul retro della goccia e ancora deviata come lascia la goccia. La deviazione del raggio uscente rispetto a quello entrante va dai 137 gradi, per il colore rosso, ai 139.5 per il violetto. E’ in tal modo comunque che la luce bianca del raggio incidente viene scomposta nei colori dell’arcobaleno.
I raggi solari ovviamente colpiscono tutte le goccioline presenti in
quel momento nell’aria ma, dopo la doppia deviazione da parte delle
gocce, raggiungono il nostro occhio soltanto se l’angolo formato tra il
raggio uscente che arriva al nostro occhio e quello entrante è di
40-42° . La posizione dell’arcobaleno nel cielo è solo apparente tanto
che decresce e si allontana verso l’orizzonte man mano che il sole si
innalza nel cielo fino a scomparire quanto il sole è allo zenit.
Inoltre, via via che l’osservatore si avvicina, l’arcobaleno sembra
allontanarsi perché viene “ricostruito” dalle nuove goccioline di
pioggia, più lontane, che soddisfano la condizione dei 42 gradi.
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06 giugno 2011 - Commenti
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01
giu
Clima e salute
Siamo all’inizio della estate e i
temporali divengono di giorno in giorno più frequenti, specie sulle regioni centro-settentrionali e soprattutto nelle ore pomeridiane e serali.
La aree più temporalesche della penisola sono le regioni alpine, e le vicine zone della pianura padano-veneta. La massima frequenza si raggiunge allo sbocco delle grandi valli alpine (come la Valle d’Aosta e la valle dell’Adige) o là dove, come il
Friuli, la più contenuta altezza della catena alpina, facilità le incursioni di aria fredda proveniente dal
Nord Atlantico.
Ma per molte persone, quando la scura e minacciosa nube temporalesca si affaccia all’orizzonte, inizia un vero e proprio calvario, con una serie di malesseri, come dolori alle articolazioni e ai muscoli, mal di testa, insonnia, stanchezza e persino attacchi di asma. Anche lo stato d’animo ne può risentire e nei 10-20 minuti che precedono l’arrivo della pioggia, depressione, malinconia e nervosismo prendono il sopravvento. Disturbi legati in parte al calo della pressione atmosferica e in parte al fatto che poco prima dell’arrivo del temporale l’aria diviene fortemente elettrizzata, con una prevalenza però di ioni positivi, i quali hanno la brutta abitudine di stimolare nel cervello la produzione di serotonina, un neurotrasmettitore che quando è troppo abbondante rompe l’equilibrio che garantisce il nostro benessere.
I disturbi durano fino allo scatenarsi dei lampi, che hanno il merito appunto di rimuovere dall’atmosfera le malefiche cariche positive. Anzi, in genere, all’arrivo delle prime gocce, al nervosismo subentrano calma e benessere e ci sente addirittura su di tono. In alcuni invece i lampi e i tuoni che accompagnano il temporale – fenomeni che colpiscono fortemente i sensi – scatenano vere e proprie crisi di panico, una paura che è l’eco di terrori ancestrali, ma talvolta anche la probabile traccia lasciata nel subconscio da qualche trauma avvenuto in età infantile.
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01 giugno 2011 - Commenti
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30
mag
Billy Whizz corre sotto la pioggia
Curiosando
In un fumetto il personaggio immaginario
Billy Whizz corre così velocemente che
non si bagna sotto la pioggia. È possibile? Ebbene, è intuitivo e lapalissiano che quanto minore è il tempo trascorso sotto la pioggia e tanto meno ci bagneremo, come dire che in presenza di pioggia è consigliabile muoversi velocemente verso il primo riparo adocchiato. Però è altrettanto vero ed intuitivo che quanto più ci spostiamo velocemente sotto la pioggia, tanto più ci inzupperemmo di acqua per il fatto che la superficie verticale del nostro corpo raccoglie tutte le gocce di
pioggia incontrate nel maggiore volume d’aria spazzato durante lo spostamento.
A questo punto è evidente la contraddizione tra le due decisioni: quella di correre il più veloce possibile per minimizzare il tempo trascorso sotto la pioggia e la decisione invece di andare il più lentamente possibile onde raccogliere meno acqua per impatto frontale.
Insomma per bagnarsi di meno sotto la pioggia conviene stare fermi oppure muoversi velocemente?
Dipende! Qualora ipotizziamo che abbiate individuato un rifugio a portata di... mano, allora in questo caso in effetti ci si bagna di meno correndo il più velocemente possibile verso il provvidenziale riparo piuttosto che prendersela comoda. Ed è quello che in pratica tutti noi facciamo, consigliati ovviamente dal buon senso! Ma qualora non si abbia alcun rifugio a disposizione allora, risolvendo il dilemma con formule fisico-matematiche, si può dimostrare che, anziché correre, ci si bagna di meno se si cammina lentamente o, meglio ancora, se si sta fermi, aspettando che magari...
cessi di piovere!
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30 maggio 2011 - Commenti
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