Cosa resta nella vita della coppia

Il concilio Vaticano II e la vita della coppia. Prendendo spunto dalla Costituzione Gaudium et Spes si ricostruisce il clima del passato e lo si confronta con le novità attuali.

Comunione e ben-essere

25/09/2012

Ci sono anche altre lenti buone con cui il Concilio vede la vita coniugale; alcune – pur nella semplice severità del linguaggio – sembrano un canto, un cenno di danza, un’apertura di volo come eco del Cantico dei Cantici: il testo parla di «amicizia coniugale», di «amore provato da sentimenti e gesti di tenerezza », «di atti propri del matrimonio... onorabili e degni... arricchiscono vicendevolmente in gioiosa gratitudine gli sposi stessi» (49, passim). Ancora: perché la famiglia con la presenza dei figli sia «scuola di umanità più completa e più ricca... è necessaria una amorevole apertura vicendevole di animo tra i coniugi e la consultazione reciproca» (52, passim). Amicizia coniugale, gioiosa gratitudine e consultazione reciproca sono categorie ancora in gran parte da esplorare (anche nella letteratura scientifica che tratta del rapporto d’amore) e segnali di una concezione “alta” e benefica della famiglia; ci stiamo chiedendo se, nei corsi per fidanzati, queste categorie siano visitate, perché conferirebbero vero spessore umano alla vita di coppia! Alcune ricerche laiche sui «matrimoni che durano nel tempo» (così ha riassunto, per esempio, Anna Oliverio Ferraris in un articolo divulgativo3) trovano che il primo fattore di questo “durare nel tempo” sia proprio l’amicizia (e la sbandierata intesa sessuale occupa posti inferiori sulla scala!). Però non ci pare che questo tema dell’amicizia – non di una qualsiasi amicizia, ma “amicizia coniugale” – sia davvero conosciuto: e aprirebbe orizzonti di grande respiro.

Anche il tema della “consultazione reciproca” (termine di cinquant’anni fa e quanto mai moderno!) è da mettere in primo piano: lo vediamo nel nostro lavoro: oggi spesso ciascun genitore dice “mio figlio”, e crede di porne le linee di sviluppo in proprio, e se ne guarda bene dal “consultare” l’altro genitore; se lo facesse, quanti problemi in meno! Di solito oggi sono le madri – per passione e per solitudine – a occupare l’intero della genitorialità, ma non conoscono più l’arte della “consultazione”; spesso chiediamo a un genitore: «Scusi ha consultato il suo collega?», e troviamo sguardi stupiti: al massimo il/la collega genitore è da istruire su come dovrebbe fare!

Mariateresa Zattoni e Gilberto Gillini
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