Cosa resta nella vita della coppia

Il concilio Vaticano II e la vita della coppia. Prendendo spunto dalla Costituzione Gaudium et Spes si ricostruisce il clima del passato e lo si confronta con le novità attuali.

Rete, legami e socialità

25/09/2012

Un ultimo spunto di riflessione: la Gaudium et Spes ha la netta convinzione che la coppia (e la famiglia) non nasce dal nulla, né si esprime nel vuoto poiché «Il bene della persona e della società umana e cristiana è strettamente connesso con una felice situazione della comunità coniugale e familiare» (47). Occorre pertanto che si sviluppi una rete a partire dalla famiglia e attorno alla famiglia «con un’azione concorde con gli uomini di buona volontà » (52): qui è avviato il concetto di ogni associazionismo a sostegno della famiglia e di tutta quella gamma di gruppi familiari in cui oggi le famiglie cercano di “portare insieme” gli oneri e la dignità dell’essere famiglia.

Da ultimo, ma non da ultimo, viene delineato l’intervento del clero a sostegno della famiglia. Il passo è davvero prezioso: «È compito dei Sacerdoti, provvedendosi una necessaria competenza sui problemi della vita familiare, aiutare amorosamente la vocazione dei coniugi nella loro vita coniugale e familiare, con i vari mezzi pastorali: la predicazione della parola di Dio, il culto liturgico e altri aiuti spirituali; e aiutarli con umanità e pazienza nelle loro difficoltà, rafforzarli nella carità, perché si formino famiglie risplendenti di serenità luminosa». Sottolineiamo che la necessaria competenza richiesta ai preti capovolge la “tuttologia” di cui un tempo i preti si pensavano portatori; «l’aiutare la vocazione dei coniugi» diviene compito sacerdotale, per il carisma loro proprio di pastori del popolo di Dio. Come abbiamo cercato di mostrare, il testo della Gaudium et Spes su matrimonio e famiglia irrompe su una contemporaneità che appare lontana anni luce rispetto al concepire la dignità e la santità degli “atti coniugali”, rispetto al bonum del patto coniugale come fonte di santificazione reciproca di rendere gloria a Dio attraverso l’«intima comunità di vita e di amore».

Ma il dettato conciliare contesta con altrettanta forza l’attualità in cui il rapporto d’amore viene visto come provvisorio, in funzione del prevalere delle pulsioni e del sentimento e sempre più “privato”, relegato nella sfera dell’intimità che non ha più a che fare con il volto pubblico del rapporto. Le novità più dirompenti però – proprio nel tessuto ecclesiale – sono ancora oggi le radicate convinzioni di una teologia nuziale come immagine e partecipazione delle nozze Cristo-Chiesa. Ma, a nostro parere, queste novità stanno “lavorando” non solo nei documenti del Magistero, ma in una maggior coscienza/ autocoscienza della propria dignità e missione da parte di molte coppie cristiane. Il fermento c’è, e già si intravedono i frutti. Troppo tardi per sbocciare ben mezzo secolo dopo? Non ci pare. Occorrono “tempi biblici” per novità di questa portata. E la pazienza dello Spirito non è ancora esaurita.

Mariateresa Zattoni e Gilberto Gillini
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