Educare all’amore “che resta”

Il dettato conciliare sull’educazione è molto chiaro: relazioni interpersonali e asimmetriche all’interno di ambienti saldi e vivaci, come quelli familiari, scolastici e gruppali.

All'interno dei media

22/09/2012

Educare all’amore nel tempo della pervasività massmediatica: quest’ultimo paragrafo dovrebbe avere uno spazio molto più ampio, ed espandersi per molte, moltissime pagine. Ciò, ovviamente, non è possibile. Mi limiterò, dunque, a due brevi osservazioni.

1 - La prima riguarda i tradizionali media, giornali e televisione. È chiaro ormai che sono “luoghi” educativi, nel senso che rendono evidenti, martellanti e familiari personaggi e situazioni che diventano inevitabilmente un modello. Eppure, per quanto riguarda lo specifico dell’educazione all’amore ritengo che, pur essendo ormai mezzi che hanno chiaramente sposato una visione di persona e di relazione imperniata sull’ideologia di genere, la loro estrema pericolosità potrebbe risiedere nel fatto che sono un riferimento imprescindibile del mondo degli adulti. Quando una figlia vede la madre tutti i giorni alienarsi con Beautiful, o peggio, con L’isola dei famosi o altri programmi “spazzatura” similari, ha tutto il diritto di pensare che, se per la madre quei modelli sono buoni, allora possono esserlo per davvero, o, se ha raggiunto una buona dose di capacità critica, giungerà a disprezzare questi adulti che scelgono simili banalità per rilassarsi o divertirsi restando così senza alcun modello di vita adulta cui riferirsi.

2 - La seconda considerazione riguarda il mondo dei nuovi media: la rete, i social network, le chat. Sono ora questi i luoghi dell’educazione all’amore. Lo sono perché, da un lato, permettono una pressoché totale libertà di esplorare mondi differenti e di liberare domande e curiosità lontano dagli adulti; dall’altro, però, questa libertà è inevitabilmente ristretta nell’effetto tribù. Nei social network ciascuno resta nell’ambito delle proprie convinzioni, si scelgono le amicizie in base alla conferma delle proprie idee, contribuendo invece che ad allargare gli orizzonti di comprensione, a restringerli nel chiuso della conferma di sé. Un discorso a parte merita il corto circuito che vi si consuma tra l’apparire e l’esserci. Il fenomeno di adolescenti che postano foto in bagno pressoché svestite, in pose accattivanti – speculare tra l’altro a quello delle loro madri che tornate dal mare inondano Facebook con foto con costumini improbabili –, dice come sia in corso in maniera precocissima il fenomeno del corpo da “esposizione” che fa aggirare le lungaggini delle relazioni come addomesticamento, direbbe la volpe del Piccolo Principe.

Il modo di essere nel web diventa, allora, il modello del comportamento reale, e un’educazione all’amore che resta deve tenere conto che i ragazzi ragionano e scelgono in base a un’intelligenza che ha le categorie sulla struttura della rete più che quelle logiche. Si presenta allora l’obbligo di esplorare la via dell’intelligenza intuitiva come porta d’ingresso per ragionare di amore. Entrare dalla porta delle emozioni e da esse risalire il cammino della consapevolezza.

Roberta Vinerba
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