Educare all’amore “che resta”

Il dettato conciliare sull’educazione è molto chiaro: relazioni interpersonali e asimmetriche all’interno di ambienti saldi e vivaci, come quelli familiari, scolastici e gruppali.

Per concludere

22/09/2012

In Gravissimum educationis, i padri conciliari intendono la relazione educativa entro un contesto, un ambiente. Questa convinzione è oggi più mai attuale ed è resa con espressioni quali “fare rete”, sottoscrivere un patto educativo, stringere un’alleanza. Allo stesso modo, l’invito all’educazione come fatto totale, d’integrazione di intelligenza, libertà e volontà in vista di un fine che è la persona capace di dono di sé alla misura di Cristo, se cinquant’anni fa poteva sembrare un fatto acclarato, si presenta oggi come una assoluta novità.

La frammentazione della persona nella sua identità sessuale, nella relazione con il proprio corpo, nell’incapacità di distanziarsi dalle proprie pulsioni per accedere a una relazione di alterità che sfoci in una libertà che si riconosca in una scelta di vita irreversibile, dicono quanto ci siamo allontanati dal personalismo che pervade tutto il documento conciliare e quanto abbiamo bisogno di attualizzarlo con nuovi metodi, nuovi linguaggi, nuovi tempi e nuovi luoghi per dire quello che sempre il cuore dell’uomo aspetta.

Trovo che oggi educare all’“amore che resta” sia addirittura più facile di allora, perché davanti a questa devastazione simbiotica e impulsiva, il cuore dei giovani domanda, seppure in maniera confusa e contraddittoria, di essere aiutato a ritrovare la strada per rientrare in sé stesso. Là trova l’Uomo vero che rende ragione, nell’intimo, della Verità intrinseca dell’eros bramoso di abbracciare l’agape.

Roberta Vinerba
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