Educare all’amore “che resta”

Il dettato conciliare sull’educazione è molto chiaro: relazioni interpersonali e asimmetriche all’interno di ambienti saldi e vivaci, come quelli familiari, scolastici e gruppali.

Nella scuola

22/09/2012

La scuola è anch'essa un ambiente, un luogo che sta intorno e che dovrebbe essere un reale sussidio all’azione delle famiglie, almeno così secondo Gravissimum educationis. La crisi educativa investe oggi la scuola a più livelli: quello fondativo consiste nell’aver smarrito a “chi” si rivolge e, rinunciando a una globalità educativa, si limita ormai a fornire competenze, informazioni, nozioni (quando va bene), senza offrire alcun quadro di senso. Insegnanti ostaggio di genitori rivendicativi, di dirigenti assillati dal rendere la scuola appetibile per incrementare le iscrizioni e quindi renderla facile, si trovano stretti in una morsa che sembra non trovare soluzioni se non in una personale, spesso eroica, dedizione.


In questo contesto che riguarda unicamente l’educazione all’amore, mi limiterò a ragionare sull’idea dei cosiddetti corsi di “educazione sessuale”. Pensati come informazioni per il sesso sicuro, – leggi come si utilizza un condom e come liberarsi della gravidanza – sono a carattere obbligatorio, spesso senza la presenza testimoniale dell’insegnante che imbarazzerebbe gli studenti, dai contenuti ignorati dai genitori e, ultimamente sempre più spesso, con il corollario dell’incontro con le organizzazioni omosessuali. Il risultato è una sempre maggiore ignoranza dei ragazzi sia sulla propria biologia – che evidentemente è altro dall’imparare un metodo anticoncezionale – sia sulle relazioni. Ritengo che associazioni di genitori, gruppi di insegnanti debbano oggi assumersi il ruolo di diventare propositivi e critici nel merito dei corsi di educazione sessuale perché divengano veri e propri corsi di educazione all’amore. Non solo: deve essere restituita alle famiglie la possibilità di poter accettare o rifiutare l’offerta formativa della scuola su questo argomento, una sorta di ri-appropriazione del diritto di scegliere in un ambito tanto delicato, la propria linea educativa. Certo, sempre che alla famiglia questo interessi.

Roberta Vinerba
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