La famiglia e la pastorale matrimoniale

Solo la riscoperta del legame forte che il Battesimo istituisce tra gli Sposi e Cristo getta una luce nuova sulla coppia, capace di estendersi anche ai figli e all’intera comunità.

Orizzonti pastorali

23/09/2012

Sostenere la riscoperta della figliolanza vuol dire vivere una vera e propria conversione pastorale, acquisendo la famiglia come “soggetto” e quindi come “metodo” della pastorale. In una famiglia con più figli occorrerà, da parte dei genitori, avere criteri educativi chiari da tradurre nelle diverse sensibilità e attitudini di ogni singolo figlio. Mi piace immaginare la Chiesa come una buona madre di famiglia che compra della carne di ottima qualità e con essa nutre in modo diverso i suoi figli a seconda dell’età: per il più piccolo l’omogeneizzato, per altri i pezzettini e per i più grandi la fettina intera. Occorrerà allora creare nelle parrocchie itinerari diversificati di riscoperta del Battesimo in chiave sponsale.

In tal senso sarà necessario accogliere tutta la ricchezza e la fantasia creativa donata dallo Spirito Santo, per far vivere a ogni famiglia, in modo diverso, il suo compito comunionale, come precisano i Vescovi Italiani negli Orientamenti Pastorali per il decennio, al n. 38: «La famiglia va dunque amata, sostenuta e resa protagonista attiva dell’educazione non solo per i figli, ma per l’intera comunità. Deve crescere la consapevolezza di una ministerialità che scaturisce dal sacramento del Matrimonio e chiama l’uomo e la donna a essere segno dell’amore di Dio che si prende cura di ogni suo figlio. Corroborate da specifici itinerari di spiritualità, le famiglie devono a loro volta aiutare la parrocchia a diventare “famiglia di famiglie”».

C’è quindi una ministerialità specifica degli sposi che va stimolata e che, se armoniosamente legata alla ministerialità di comunione dei presbiteri, può efficacemente edificare la comunità cristiana. L’orizzonte ci è dato da 1Pt 2,4-5: «Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo (1Pt 2,4-5)». Si tratta allora di rendere feconde, come fu per Abramo e Sara, queste “pietre”, attraverso Colui che ha la potente Grazia di trasformare delle pietre in “figli di Abramo” (cfr. Mt 3,9). Intendo dire che tanti sacramenti del Matrimonio, nelle nostre comunità parrocchiali, non sono mai germogliati pienamente, in tutta la feconda potenza della Grazia sponsale.

In molti casi ci troviamo dinanzi a una pastorale molto spinta sull’individuo e non sulla Grazia sponsale dei coniugi. In altri casi vi sono gruppi di sposi che sono un’élite, ristretta a pochi membri. Occorrono allora vie differenziate per coinvolgere gli sposi già presenti nelle varie associazioni, movimenti e nuove comunità, e per arrivare ad avvicinare anche coloro che da tempo si sono allontanati dalla comunità ecclesiale. Per questo non potrà essere sufficiente un’unica modalità, ma occorrerà pensare la parrocchia a cerchi concentrici, con cammini differenziati, attenti ad accogliere con cuore aperto e con la stessa tenerezza del Padre misericordioso verso il figlio che si era smarrito, ogni fratello che torna, cioè i cosiddetti “ricomincianti” (cfr. Lc 15,20). È davvero spiacevole quando in una Chiesa c’è una persona o addirittura un gruppo di persone che se ne sentono proprietarie, guardando perfino in modo ostile chi non è del proprio gruppo. Credo che questo avvenga quando non si è conosciuto abbastanza il Padre, come nel caso del figlio che si ritiene fedele (cfr. Lc 15,29-32). Perché, se conosci davvero il Padre, ogni uomo è tuo fratello.

È proprio questo profumo di familiarità la caratteristica primaria della pastorale familiare, che anche rispetto ad altri Uffici pastorali può vivere il suo compito comunionale, così come invita il Direttorio dei Vescovi Italiani al n. 97: «La famiglia è di sua natura il luogo unificante oggettivo di tutta l’azione pastorale e deve diventarlo sempre di più, sicché dovrà diventare abitudine acquisita considerare i riflessi e le possibili implicazioni familiari di ogni azione pastorale che viene promossa. La pastorale familiare, in altri termini, è e deve essere innestata e integrata con l’intera azione pastorale della Chiesa, la quale riconosce nella famiglia non solo un ambito o un settore particolare di intervento, ma una dimensione irrinunciabile di tutto il suo agire». È proprio quel profumo di familiarità che scaturisce dalla fecondità dello Spirito Santo, il vero motore della comunione, che porterà attraverso le famiglie nuovo ossigeno alle nostre comunità ecclesiali.

don Paolo Gentili
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