11/03/2013
Il cardinale Sean Patrick O'Malley, arcivescovo di Boston dal 2003 e frate cappuccino (Ansa).
Boston passa gli eventi che dalle dimissioni di Benedetto XVI porteranno all'elezione del suo successore sotto la lente d’ingrandimento. Con 1,8 milioni di fedeli (stimati dall'arcidiocesi) su 3 milioni circa di residenti, qui vive la percentuale di cattolici dichiarati più alta della Nazione. Inoltre, l'interesse aumenta in modo esponenziale se gioca – con qualche possibilità reale di vincere - la squadra di casa.
A Boston si chiama Sean Patrick O’Malley, arcivescovo dal 2003, quando in pieno scandalo pedofilia ha preso il posto del controverso – e dimissionario - cardinale Bernard Law, nominato a sua volta cardinale da Papa Ratzinger nel 2006. Dopo aver dimostrato polso e decisione nel ripulire una Chiesa sconvolta da uno tsunami di accuse, rivelazioni, denunce, condanne e risarcimenti, che proprio da Boston era partito, O'Malley è stato inviato dallo stesso Benedetto XVI (come unico rappresentante del clero americano) in missione in Irlanda per aiutare la Curia a riportare anche lì chiarezza e pulizia.
«Qui fanno tutti il tifo per lui, e se qualcuno spera che non venga eletto è perché ha paura di perderlo come vescovo», racconta padre Antonio Nardoianni, parroco di St.Leonard, meglio conosciuta col nome italiano di San Leonardo, visto che dal 1873 sorge nel cuore del North End, il quartiere più antico di Boston e, per almeno tutto il XX secolo, vera e propria roccaforte della numerosa comunità italiana. «In parrocchia lo conosciamo bene, ha celebrato molte messe da noi, anche in italiano, e spesso viene ai nostri incontri, specie quelli coi giovani».
Il 68enne cardinale-cappuccino originario dell’Ohio si rivolge ai giovani tramite un sempre aggiornato blog personale (il primo porporato al mondo ad adottare questa forma di comunicazione). E alle varie componenti etniche di recente adozione – linfa della comunità cattolica di Boston e rimpiazzo essenziale per i molti transfughi dello zoccolo duro irlandese ed italiano verso denominazioni protestanti - nelle rispettive lingue d’origine: francese (che parla correntemente) con gli haitiani, spagnolo e portoghese - lingue nelle quali ha ottenuto un dottorato dalla Catholic University of America di Washington – rispettivamente con ispanici, portoghesi e soprattutto brasiliani il cui numero, in città come nelle 292 parrocchie dell'arcidiocesi, è in crescita esponenziale.
Fedeli alla messa nella Cattedrale della Santa Croce a Boston (Reuters).
«Preghiamo ad ogni Messa affinché lo Spirito Santo guidi il Conclave verso la scelta migliore», dice padre Ademir Guerini,
originario di Porto Alegre, in Brasile, e da due anni parroco di St.
Anthony a Cambridge (anche questa meglio nota in col nome portoghese
Sant’Antonio) dove in totale oltre 700 fedeli (molti immigrati da poco)
frequentano i servizi offerti sia in inglese che in portoghese. Ma qui,
spiega con un sorriso Padre Guerini, la torcida si divide tra il bostoniano O’Malley e il paulista Scherer e
per ovvi motivi geografici non potrebbe essere altrimenti. «Comunque,
sperano tutti in un papa che rappresenti una guida certa e che
soprattutto ci restituisca la gioia di essere cattolici».
Di fatto anche tra i latinos le fughe verso i movimenti protestanti –
specie quelli cosiddetti evangelici, particolarmente aggressivi nel loro
proselitismo - sono numerose e a Boston la “gioia” di cui parla padre
Guerini ha inevitabilmente risentito negli ultimi anni delle tante
brutte notizie con l’arcidiocesi come protagonista.
Particolarmente criticata poi la ristrutturazione della stessa, a metà degli anni duemila, con
la conseguente chiusura di un'ottantina di parrocchie alcune delle
quali storici punti di riferimento per le comunità di immigrati - anche
italiane, avvenuta nel momento peggiore dello scandalo, proprio quando
cominciavano ad affiorare le cifre dei risarcimenti alle vittime della
pedofilia (in totale 85 milioni circa pagati nel 2003 a oltre 500
querelanti) alimentando così il sospetto di una "raccolta di fondi
immobiliare" per così dire, a danno dei fedeli.
«La svolta era necessaria, a prescindere dagli scandali, tanto
che, ancora oggi, le chiese sono troppe», afferma padre Nardoianni in
difesa del suo arcivescovo che al tempo, suo malgrado, si trovò a
guidare una vera e propria rivoluzione amministrativa. «E comunque,
quando sulla chiesa si accendono i riflettori è sempre una buona cosa»,
conclude il parroco di origini campane, «perché
se ci sono macchie aiuta a vederle meglio e a pulirle in tempi più brevi».
Adesso sulla Chiesa i riflettori sono puntati eccome, e da Boston,
rispetto al resto d’America, se ne sta accendendo qualcuno in più. Non
stupisce se la città che ha dato agli Stati Uniti il primo e unico
presidente cattolico della sua storia, John F. Kennedy, adesso spera di
dare al mondo il primo Papa americano.
Stefano Salimbeni
Dossier a cura di Giulia Cerqueti