Enzo Bianchi (Bose): più trasparenza per chiudere l'era del sospetto

06/03/2013
Foto Ansa.
Foto Ansa.

Penso che l’elezione del nuovo Papa dovrebbe essere sentita e vissuta maggiormente come azione di tutta la Chiesa e non come un fatto isolato che riguarda solo i cardinali. È significativo che in altre elezioni (ad esempio quelle dei patriarchi delle Chiese orientali) sono operanti anche altre componenti che rappresentano monachesimo, clero e “laicato”.

In ogni caso ogni cattolico – mi piacerebbe dire: ogni cristiano – ha il diritto di identificare quelle che ritiene urgenze ecclesiali,di portarle nel cuore e nella preghiera, di operare su di esse un discernimento e di manifestarle con umiltà affinché possano essere realizzate. Tra le numerose urgenze che intravedo,segnalo innanzitutto quella che ritengo preliminare e decisiva: instaurare un clima di fiducia e di corretta fraternità nella Chiesa. Da anni lo vado scrivendo, anche su questa rivista: basta accuse reciproche, basta con questa logica di divisione e delegittimazione che indica l’altro come se fosse “con” o“contro” il Papa.

Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose.
Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose.

Le Chiese locali sono estenuate da questo sospetto, l’autorità dei vescovi è stata troppo contraddetta e contestata, si è giocato troppo a stare dalla parte del Papa “sequestrandolo”contro la Chiesa quotidiana. Oggi la Chiesa è molto più divisa al suo interno che non agli inizi del terzo millennio. Da qui il desiderio di un Papa che riporti la comunione e con autorità metta fine a questa logica di bande contrapposte alla Chiesa ordinaria. Lo diceva già l’apostolo Paolo: nella Chiesa non si può dire «Io sono di Pietro, io di Paolo e io di Apollo» se non dissolvendo e lacerando il corpo di Cristo.

Una seconda urgenza è la trasparenza:tutte le istituzioni godono di scarsa credibilità da parte degli uomini di oggi e sovente finiscono per essere nella Chiesa, come diceva il cardinale Ratzinger, un ostacolo alla fede. Occorre allora un’operazione che ridia trasparenza,che riporti la sincerità come stile ecclesiastico. Sincerità delle persone e trasparenza delle istituzioni e dei meccanismi di quella autorità che nel Vangelo è negazione di ogni dominio, di ricerca del potere, di carrierismo. Una Chiesa trasparente può essere una Chiesa che lascia vedere Gesù.

Infine, la terza esigenza è quella di guardare agli ultimi, ai poveri, a quegli uomini e quelle donne che invocano, gemono, soffrono, piangono perché sono nel bisogno, oppressi da poteri mondani, ma oppressi anche dal peccato. Non è vero che oggi siano tutti gaudenti, spensierati, indifferenti a tutto. Come ai tempi di Gesù, sono quelli che non si impongono e che si sentono peccatori bisognosi di salvezza che dicono:«Vogliamo vedere Gesù!». Questo è il vero dialogo tra Chiesa e mondo.Sì, ci potranno essere anche urgenze istituzionali – collegialità, sinodalità – e urgenze che vengono dall’oggi: il posto delle donne nella Chiesa, l’atteggiamento da assumere verso i divorziati, la rilettura di temi sociali emergenti oggi... Ma tutto questo viene dopo.

Enzo Bianchi,
 priore della Comunità monastica di Bose

A cura di Alberto Chiara
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