Arriva un bastimento: l'emigrazione, tra lacrime e speranze

31/03/2013

In un secolo, dal 1857 al 1956, quasi 3 milioni e mezzo di italiani hanno lasciato le zone d'origine per emigrare in Argentina. Si tratta del primo gruppo nazionale in assoluto seguito, già a una distanza considerevole dagli spagnoli, che nello stesso periodo raggiunsero il Paese latinoamericano in 2 milioni e 300mila circa. Poi sono sbarcati a Buenos Aires francesi, polacchi, russi, tedeschi e austriaci. E per ognuna di queste nazionalità contava di più, a volte, l’appartenenza regionale, il dialetto: e così si formarono comunità liguri, piemontesi, i venete, siciliane, calabresi e via dicendo.

E’ in questa mescolanza di nazionalità che si forma nel corso del ‘900 la popolazione argentina moderna, anche se gruppi consistenti di italiani avevano già raggiunto Buenos Aires nella prima metà dell’800. E’ un’epopea straordinaria e drammatica quella degli italiani che in massa andranno a popolare le pianure vastissime del Paese, le pampas,  ma anche le città introducendo innumerevoli mestieri e forme di artigianato e fornendo però, al medesimo tempo, una manodopera gigantesca fatta di lavoratori giornalieri, di braccianti, agricoltori, operai.

E tuttavia con il passare del tempo e il mutare delle fasi storiche, affluiranno oltreoceano anche intellettuali, scrittori, politici, sindacalisti, anarchici, antifascisti e fascisti. Tutti costoro contribuiranno allo sviluppo della vita culturale alla nascita di riviste e di case editrici, di partiti, di organizzazioni sindacali. In un certo modo la storia d’Italia la si può leggere in controluce anche guardando alla storia e allo sviluppo dell’Argentina.   Il periodo in cui il maggior numero di italiani raggiunse il Rio de la Plata è quello che va dal 1906 al 1910, quando oltre mezzo milione di persone lasciarono un Paese, il nostro, in grave crisi, con livelli diffusi di povertà, per raggiungere il sogno della terra promessa in Argentina. Molti altri partivano per il Brasile e gli Stati Uniti. Ancora dal 1911 al 1915 se ne andarono in 300mila 451, dal 1921 al 1925 il numero di partenza dall’Italia verso l’Argentina torna a superare quota 300mila.

Altri picchi significativi (archiviati quelli successivi all’Unità d’Italia, decenni in cui gli italiani partono in massa) si registrano nel secondo dopoguerra, dal 1946 al 1955. Per questo oggi sono innumerevoli gli argentini che vantano una discendenza italiana di qualche tipo.  

A guidarci in questa storia di partenze, di separazioni e nuovi inizi è il Cemla, il Centro di studi migratori latinoamericani di Buenos Aires, fondato nel 1985 da padre Luigi Favero; il Cemla è uno dei più prestigiosi centri di ricerca sulle migrazioni in Argentina e in diversi paesi  dell’America Latina. Fra l’altro sta compiendo un enorme lavoro di raccolta della memoria collettiva della migrazioni italiana verso l’Argentina, il Cile, l’Uruguay attraverso documenti, microfilm, ricostruzione delle identità famigliari. Il centro fa parte della famiglia religiosa scalabriniana, impegnata da sempre sul tema dei migranti. E del resto la storia delle migrazioni è anche, parallelamente, la storia di come le congregazioni religiose hanno seguito le comunità italiane nelle varie regioni del mondo contribuendo a conservare l’identità e i legami fra le persone e le famiglie.

Alicia Bernasconi, Segretaria generale del Cemla, anche lei di origini italiane, spiega: “Nel caso argentino, i Salesiani hanno giocato un ruolo molto importante  a partire dal 1870 nel provvedere all’assistenza e alla guida religiosa degli immigrati italiani; nel secondo dopoguerra sopratutto i missionari Scalabriniani – presenti in Argentina dal 1940 - si sono occupati della assistenza religiosa e non solo degli emigrati italiani”. Nel Paese, tuttavia, vi è sempre stata anche una forte presenza di Gesuiti e Francescani poi, a partire dall’inizio del ‘900, importante è stato il ruolo svolto dalle istituzioni legate a Don Orione.

Secondo padre Costanzo Tessari, scalabriniano che da 40 anni vive nel Paese del ‘cono sud’, l’elezione di Papa Bergoglio “è frutto dell’emigrazione italiana in Argentina che  ha dato al Paese uomini di scienza, della cultura, della politica e anche uomini di Chiesa”.  “L’emigrazione piemontese  – aggiunge - ha una presenza religiosa interessante nel Paese”. D’altro canto lo stesso Bergoglio, raccontano al Cemla, “partecipava alle celebrazioni della giornata del migrante. La sua attività nelle ‘villas miserias’ (le periferie più disagiate e le baraccopoli di Buenos Aires, ndr.) toccava tutti i poveri, tra cui parecchi sono migranti. Anche la sua attività contro la tratta delle persone coinvolge i migranti, che ne sono spesso le vittime più facile di questo flagello” Per questo, fra l’altro, era in contatto con i padri scalabriniani.

Ma se l’Argentina è un Paese per sua natura aperto all’immigrazione – la vastità immensa dei territori e la necessità di colonizzarli rappresentò un incentivo formidabile ai flussi migratori – nel corso dei decenni non sono mancati anche i problemi. “L’atteggiamento dell’Argentina favorevole all’immigrazione – spiega la Segretaria generale del Cemla - è chiaramente espresso nella stessa Costituzione del Paese, sia nel testo del 1853 che in quello della più recente riforma del 1994”.  Nonostante questo però “sono state stabilite restrizioni dal 1902 in poi. I governi militari sono stati in genere più ostili verso l’immigrazione, e la dittatura di Videla mise in atto la più dura legge migratoria”.  Ma successivamente, attraverso l’impegno della società civile e delle istituzioni ad essa collegata, comprese quelle della Chiesa che si occupano delle migrazioni, “dopo oltre quindici anni di lavoro i legislatori  approvarono nel 2004 una legge modello nel mondo che riconosce la migrazione come un diritto umano”.

Naturalmente questo non ha risolto ogni problema, in quanto, spiega ancora Alicia Bernasconi,  “intorno al tema dell’immigrazione esistono sempre tensioni. Alla sfiducia, al pregiudizio si aggiungono la mancanza di opportunità di lavoro, i problemi della marginalità e dell’insicurezza, di cui l’immigrato è sempre il capro espiatorio”. “Non tutti  - prosegue - vedono favorevolmente la generosità della legge che garantisce ai migranti il diritto all’educazione e a alla salute a parità di condizione degli altri cittadini.  Il lavoro della Congregazione Scalabriniana, compreso il Cemla, si orienta anche a sensibilizzare alla società sulla  problematica dei migranti, smontando i pregiudizi e le false informazioni”.  
  Francesco Peloso

Dossier a cura di Alberto Chiara
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