31/03/2013
Papa Paolo VI a Medellin (Colombia) per l'inaugurazione della seconda Conferenza generale degli episcopati latino-americani 26 agosto al 6 settembre 1968..
Si potrebbe dire che tutta parta dal Brasile. Anche se il Celam (Consiglio episcopale latinoamericano, che raggruppa gli episcopati di America Latina e Carabi) che si riunisce a Rio de Janeiro dal 25 luglio al 4 agosto del 1955 – con l’approvazione di Pio XII - non è ancora il combattivo episcopato che impareremo a conoscere negli anni successivi, c’è però in nuce tutta la teologia che sarà espressa sia nel corso del Concilio Vaticano II che nella prima conferenza post conciliare, nel 1968 a Medellin. Incontro considerato uno dei frutti più maturi proprio del Vaticano II.
Pochi anni dopo la chiusura del Concilio, fu Paolo VI ad aprire la conferenza di Medellin (Colombia) e a rendere chiara l’applicazione a quel continente del metodo vedere, giudicare, agire elaborato nel Concilio. Osservazione della realtà (vedere), giudizio su di essa a partire dalla Parola di Dio (giudicare) e azione pastorale corrispondente a quel giudizio (agire). È il momento delle Chiese locali, il tempo della collegialità, la presa di posizione per l’opzione preferenziale per i poveri.
Monsignor Hélder Câmara, brasiliano,arcivescovo di Recife (7 febbraio 1909 – 27 agosto 1999)
Da Medellin ad Aparecida, passando per gli appuntamenti di Puebla (1979) e di Santo Domingo (1992), la Chiesa latinoamericana è andata via via configurandosi come una Chiesa autoctona, con una voce, una ecclesiologia e una teologia proprie. Non sempre il percorso è stato lineare e, da Roma, è spesso venuto più di un freno alla “creatività” latinoamericana.
Già Puebla rappresentò un piccolo freno alle speranze di una Chiesa che aveva la sua forza soprattutto nelle comunità di base e nella teologia della liberazione. “La paura della deriva marxista più che la fiducia nell’azione dello Spirito hanno portato un certo cambiamento nella fisionomia del Celam. Non a caso, a dire degli osservatori locali, alcune nomine dei vescovi in America Latina sono avvenute più con criteri di sintonia con Roma che non per fiducia negli episcopati locali”, denuncia il teologo Giacomo Canobbio. Ma, nonostante tutto, la Chiesa latinoamericana è arrivata ad Aparecida, nel 2007, pronta a riprendere il cammino accanto e in mezzo alla gente.
L’assedio delle sette, la disperazione della mancanza di lavoro, le favelas che si riempiono a vista d’occhio, la criminalità che esplode chiedono alla Chiesa di essere presente. Non a caso proprio sulle comunità di base i vescovi riuniti ad Aparecida avevano scommesso di più. Così come sul dibattito libero che era mancato a Santo Domingo. “Abbiamo imparato la lezione di Santo Domingo”, diceva il vescovo guatemalteco Alvaro Ramazzini nei giorni dei lavori in Brasile, “questa volta abbiamo avuto la possibilità di consultarci con i nostri esperti e teologi e stiamo rilanciando la formazione dei laici e il dibattito. Se vogliamo affrontare la complessità del mondo contemporaneo non c’è altra strada”.
Il logo del Celam, il Consejo episcopal latinoamericano, l'organismo ecclesiale che coordina gli episcopati dell’America latina e dei Caraibi.
Fortemente preoccupati soprattutto per l’avanzata delle sette che si
propongono alle persone più in difficoltà come compagni di viaggio su
cui contare, i vescovi del Celam riproponevano con forza, nel documento
approvato al termine dell’incontro, “le comunità ecclesiali di base come
spazi privilegiati per vivere comunitariamente la fede, sorgenti di
fraternità e solidarietà, una alternativa all’attuale società fondata
sull’egoismo e la spietata competizione”.
Un passaggio, come denunciò sulla stampa brasiliana il cardinale Geraldo Majella Agnelo, arcivescovo di Salvador de Bahia e copresidente di quella conferenza, che fu ampiamente ritoccato nel documento finale approvato da Roma. Tuttavia, di quelle riflessioni dell’episcopato latinoamericano è rimasta traccia soprattutto nella prassi pastorale e nella grande missione continentale lanciata proprio al termine dei lavori di Aparecida.
Prassi che oggi, con papa Francesco, torna ad avere forza e a far sperare, di nuovo, i milioni di fedeli che in questi anni hanno avuto vicina la Chiesa grazie a quei pastori che non si sono dimenticati dell’opzione preferenziale per i poveri e che, per dirla con papa Bergoglio, non si sono stancati di avere addosso l’odore del gregge.
Annachiara Valle
Dossier a cura di Alberto Chiara