02/09/2010
La prima pagine dell'Osservatore con il testo della Rerum Novarum.
La “Rerum novarum” di Leone XIII, insieme alla “Pacem in terris” di Giovanni XXIII, è l’enciclica più nota della storia della Chiesa cattolica. Segna il passaggio dalla fase di condanna a quella della comprensione e del chiarimento, in senso cattolico, della “questione operaia”. Il primo schema fu portato al Papa nel 1890. L’enciclica viene pubblicata un anno dopo. Affronta tutti i problemi più dibattuti all’epoca. Ribadisce il diritto alla proprietà, ma ne sottolinea la fuzione sociale e attribuisce allo Stato il compito di promuovere la prosperità pubblica e privata, quando gli altri soggetti non sono in grado di farlo in modo sufficiente. Il punto di maggior rilievo è quello che va contro la concezione puramente economica del salario e afferma il principio del valore umano del lavoro e del salario come giusta retribuzione per organizzazione di una buona vita.
Dal punto di vista politico l’enciclica si pone contro la lotta di classe, ma riconoscere il diritto agli operai di riunirsi in associazioni per rivendicare condizioni di vita e di lavoro migliori. Questo ragionamento fu inserito nell’enciclica solo nell’ultima versione dopo un dibattito tra i vari estensori assai importante. Apre la strada all’idea di sindacato. L’accoglienza della “Rerum novarum” non fu facile, perché i cattolici subito si divisero sui mezzi per affrontare la questione sociale. La discussione si trasferì sul piano politico e soprattutto attorno al ruolo della democrazia. In Italia fu soprattutto Giuseppe Toniolo e l’Opera dei Congressi a dare vigore alle idee contenute nella Rerum Novarum.
Alberto Bobbio