06/05/2013
Don Antonio Sciortino, dsirettore di "Famiglia Cristiana" e direttore editoriale del Gruppo Periodici San Paolo.
Direttore di Famiglia Cristiana dal 1999, don Antonio Sciortino è noto per la capacità di unire il rigoroso rispetto della dottrina ufficiale della Chiesa alla prontezza, alla “grinta” e anche alla libertà con cui affronta i temi del vivere civile più dibattuti dei nostri anni. Anche i titoli dei suoi libri lo dimostrano: La famiglia cristiana – una risorsa ignorata (2009), Anche voi foste stranieri – L’immigrazione, la Chiesa e la società italiana (2010), Il limite. Etica e politica nelle lettere di Famiglia Cristiana (2011), e il più recente, appena uscito: La morale, la fede e la ragione (Imprimatur editore), dialogo a tutto tondo, con l’editorialista di Repubblica Giovanni Valentini, sulla “nuova Chiesa di papa Francesco” e sui rapporti tra Chiesa e politica, economia, società.
- Il beato don Giacomo Alberione, che nel 1914 fondò la Società San Paolo, era solito dire: “La macchina, il microfono, lo schermo sono il nostro pulpito; la tipografia, la sala di produzione, di proiezione, di trasmissione, è come la nostra chiesa”. Oggi più che allora, però, conciliare il sacro del Vangelo con il profano della comunicazione pare difficile. Qual è il “segreto” per riuscirci?
“In primo luogo, seguire un famoso imperativo del nostro fondatore: “Parlare di tutto, cristianamente”. Il che vuol dire, intanto, avere la competenza necessaria per poterlo fare. E, soprattutto, situare ogni vicenda dell’attualità e della cronaca nell’ottica cristiana, che è il nostro modo di affrontare la realtà. In altre parole: l’ispirazione religiosa non esime dalla professionalità nel fare informazione, però implica un surplus di responsabilità nella ricerca della verità, nel rispetto della persona e della sua dignità”.
- Un programma molto contro corrente, visto che il motto di giornali e Tv oggi sembra essere: va bene tutto purché faccia spettacolo e porti copie…
“L’informazione oggi è drogata dalla ricerca spasmodica di audience. Tutto viene spettacolarizzato, anche la tragedia, anche il dolore. Basta ricordare il caso del delitto di Cogne, o quello di Avetrana. Il paese della provincia di Taranto dove si è consumato l’omicidio di Sarah Scazzi, è stato trasformato in un set cinematografico. Ore e ore di trasmissioni Tv per raccontare i particolari più scabrosi e alimentare la curiosità più morbosa. Mai una parola di pietà per la vittima. Una parodia dell’informazione che ha trasformato la tragedia in spettacolo, fino a generare un vero “turismo dell’orrore”, con i pullman in coda per portare la gente a farsi fotografare davanti allo scantinato in cui era stata uccisa Sarah Scazzi”.
- Molti dicono: è ciò che la gente vuole…
“Lo dicono ma non è vero. Gli indici d’ascolto dimostrano che i programmi anche impegnati ma ben fatti piacciono alla gente. Come si vede, per fare solo qualche esempio, dal successo della serie sulla Bibbia di Bernabei o delle fiction sui santi o sui sacerdoti”.
- E i giornali?
“Anch’essi, in molti casi, si sono trasformati in mezzi di intrattenimento, lontani dai problemi reali della gente e del Paese. Ma ancor più preoccupa il fatto che sia venuto meno il patto con i lettori. Non si fanno più giornali per dare notizie o servire la verità ma li si usa come “clave mediatiche” per attaccare l’avversario, o come strumenti di propaganda o di consenso”.
- Internet è la salvezza o una più profonda dannazione, per la comunicazione improntata ai valori?
“La Rete è una sfida che va affrontata, e la Chiesa lo sta facendo con coraggio e impegno, come dimostrano anche i messaggi di papa Ratzinger per la Giornata mondiale della comunicazione sociale di questi ultimi anni. Oggi il 90% dei giovani tra i 14 e i 29 anni è iscritto a Facebook, dove si costruisce un profilo e un’identità. La Rete, quindi, non è uno strumento o una tecnica ma un ambiente di vita in cui si comunica, si sogna, si fa amicizia, ci si confronta. La vera sfida è stare nella cultura digitale non da spettatori ma da testimoni. E la Rete dovrebbe essere congeniale alla Chiesa, perché essa stessa è organizzata come una rete”.
- Internet, però, è anche libertà senza regole, anarchia, individualismo. Non ci sono rischi, in questo?
“Il limite maggiore della Rete, oggi, è quello legato alla privacy. Da un lato mettiamo in Rete quantità sempre più ampie di dati personali, dall’altra i mezzi informatici diventano sempre più potenti e capaci di incrociare una gran mole di dati… Il risultato è una scia elettronica che ci segue ovunque. Chi ci difenderà da questa invasione della privacy? Per questo servono regole su cui educare le nuove generazioni. Regole nate “dal basso”, dal coinvolgimento di coloro che hanno a cuore la crescita armonica dei giovani: famiglia, scuola e Chiesa, che anche sui questi media devono realizzare una nuova alleanza educativa”.
- A proposito di comunicare: l’inizio del pontificato di Francesco, il Papa venuto “dalla fine del mondo”, ha avuto un impatto straordinario anche per la sua capacità di entrare in sintonia con l’animo di tutti, fedeli e non.
“Questo è un aspetto importantissimo. Credo infatti che tra le priorità del nuovo Papa ci siano, come da più parti è stato sottolineato, la riforma della Curia e del governo della Chiesa e il pieno coinvolgimento dei laici, ma anche e soprattutto la ricerca del modo più efficace per comunicare Dio agli uomini d’oggi e annunciare il Vangelo a una società ormai refrattaria alla religione e ai valori dello spirito. “Papa Francesco sarà prima di tutto un evangelizzatore”, ha detto qualche cardinale. Sono convinto che sia stata questa la ragione che ha spinto i cardinali a eleggerlo. E già si vedono i primi effetti di questa grande capacità di comunicare. Le sue udienze sono sempre affollate. Papa Francesco “buca lo schermo”, come si dice in gergo. Ma arriva, soprattutto, direttamente al cuore della gente, con l’annuncio del Vangelo, nella sua semplicità e radicalità”.
Fulvio Scaglione
Dossier a cura di Alberto Chiara e Fulvio Scaglione