08/05/2013
Papa Francesco oggi, alla consueta udienza generale del mercoledì. Foto Reuters.
Famiglie, giovani, religiosi e religiose. C’è di tutto in piazza San Pietro e dintorni in attesa dell’udienza del Papa. Non sono venuti solo per vedere. Anzi “siamo qui per ascoltare”, dice Marta, 21 anni insieme con sua sorella Gabriella, 24. “Abbiamo cominciato a seguire le prime parole di papa Francesco e da allora ogni volta che possiamo veniamo qui”. Non sono le uniche. La piazza esplode di colori, cappellini gialli e bandiere. Ai fedeli il Papa ha spiegato che “il cristiano è una persona che pensa e agisce secondo Dio, secondo lo Spirito Santo”. E poi ha chiesto: “E noi, pensiamo secondo Dio? Agiamo secondo Dio? O ci lasciamo guidare da tante altre cose che non sono propriamente Dio?”.
All’inizio dell’udienza il papa aveva deposto un piccolo omaggio floreale ai piedi dell’immagine di Nostra Signora de Lujian, patrona dell’Argentina e la cui festa si celebra oggi. E in spagnolo aveva invitato i fedeli argentini, presenti in piazza, a farsi sentire: “Non sento bene l'applauso... Più forte!”. A conclusione, invece, prima che la banda iniziasse a suonare, Francesco ha ripreso la parola per dire ancora, come fa spesso: “Dio ci ama sempre, ci perdona sempre, ricordatevelo”.
E prima dell’udienza in piazza, in quella riservata di stamattina del Papa con le suore dell’Unione internazionale delle superiori generali (Uisg), Francesco ha fatto un elogio della “povertà come superamento di ogni egoismo nella logica del Vangelo che insegna a confidare nella Provvidenza di Dio. Povertà come indicazione a tutta la Chiesa che non siamo noi a costruire il Regno di Dio, non sono i mezzi umani che lo fanno crescere, ma è primariamente la potenza, la grazia del Signore, che opera attraverso la nostra debolezza. ‘Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza’, afferma l’Apostolo delle genti. Povertà che insegna la solidarietà, la condivisione e la carità, e che si esprime anche in una sobrietà e gioia dell’essenziale, per mettere in guardia dagli idoli materiali che offuscano il senso autentico della vita. Povertà che si impara con gli umili, i poveri, gli ammalati”.
“La consacrata è
madre, deve essere madre e non zitella”, ha detto anche il Papa spiegando il senso della castità come “carisma
prezioso, che allarga la libertà del dono a Dio e agli altri, con la
tenerezza, la misericordia, la vicinanza di Cristo”. “La castità per il
Regno dei cieli - ha spiegato il Papa - mostra come l’affettività ha il
suo posto nella libertà matura e diventa un segno del mondo futuro, per
far risplendere sempre il primato di Dio”. “Questa gioia della fecondità
spirituale - l’augurio di Papa Francesco alle suore - animi la vostra
esistenza, siate madri, come figura di Maria Madre e della Chiesa”.
Non ha trascurato di spiegare come un cristiano deve intendere (e vivere) il potere. “Il vero potere, a qualunque livello, è
il servizio, che ha il suo vertice luminoso sulla Croce”, ha ricordato Jorge Mario Bergoglio alle religiose dell’Uisg. Ha citato il suo predecessore, papa Francesco:
"Benedetto XVI ha richiamato più volte alla Chiesa che se per l’uomo
spesso autorità è sinonimo di possesso, di dominio, di successo, per Dio
autorità è sempre sinonimo di servizio, di umiltà di amore”. Di qui la
necessità di “entrare nella logica di Gesù che si china a lavare i piedi
degli apostoli”.
“Pensiamo al danno che arrecano al popolo di Dio - la
denuncia del Papa - gli uomini e le donne di Chiesa che sono
carrieristi, arrampicatori, che usano il popolo, la Chiesa, i fratelli e
le sorelle - quelli che dovrebbero servire - come trampolino per i
propri interessi e le ambizioni personali”. “Sappiate sempre esercitare
l’autorità - l’invito del Papa alle religiose - accompagnando,
comprendendo, aiutando, amando; abbracciando tutti e tutte, specialmente
le persone che si sentono sole, escluse, aride, le periferie
esistenziali del cuore umano. Teniamo lo sguardo rivolto alla Croce; il
sì colloca qualunque autorità nella Chiesa, dove Colui che è il Signore
si fa servo fino al dono totale di sé”.
Annachiara Valle
Dossier a cura di Alberto Chiara e Fulvio Scaglione