Parazzoli: Martini, fede e ragione

Lo scrittore, che ha curato la prefazione al Meridiano che raccoglie gli scritti del cardinale, ne ricorda la statura intellettuale. «Era un Abramo dei nostri giorni».

01/09/2012
Ferruccio Parazzoli (al centro) consegna il Meridiano Mondadori al cardinale Martini (a destra).
Ferruccio Parazzoli (al centro) consegna il Meridiano Mondadori al cardinale Martini (a destra).

Era inevitabile che uno scrittore profondamente sensibile alla condizione umana e, al tempo stesso, alla ricerca spirituale incontrasse il cardinale Carlo Maria Martini. «Lo conobbi fin dai primi anni del suo ingresso nell'Arcidiocesi di Milano. E fu subito un incontro forte», racconta l'autore di Trilogia di Piazzale Loreto, Il mondo è rappresentazione ed Eclisse del Dio unico. «Era una persona dal pensiero e dall'apertura al dialogo quali difficilmente  è dato trovare nel mondo ecclesiastico». Grande attenzione ha sempre riservato, Parazzoli, al pensiero del cardinale: «Un pensiero che si è andato sempre più identificando in una ricerca della fede attraverso la ragione».

Lo scrittore ha ripreso il suo dialogo con il cardinale allorché, tornato dall'esperienza a Gerusalemme, si era fermato a Gallarate.«Trovai lo stesso uomo, la stessa serenità, e un pensiero ancora più intensamente vissuto. La vita aveva riepito il suo pensiero di saggezza e verità». Da uomo addentro all'editoria, Parazzoli sa che Martini aveva un grande seguito di lettori. «Per tutti loro Conversazioni notturne a Gerusalemme fu una grande sorpresa: per la prima volta si trovarono al cospetto di un Martini personale, che raccontava i suoi dubbi e le sue paure. Quelli di ogni uomo. Fece capire che nella paura c'è una dimensione positiva, perché porta l'uomo a mettere in crisi se stesso e a rischiare. Così spiegano l'affetto e l'attenzione del pubblico, e il grande successo di vendite».

La frequentazione del cardinale da parte dello scrittore continuò.
«Le ultime occasioni si verificarono quando cercammo di selezionare gli scritti da inserire nel Meridiano Mondadori. Era un'operazione importante, perché doveva dar conto del suo pensiero in modo complessivo. Allora mi fece un regalo: espresse il desiderio che il saggio introduttivo fosse a mia firma. Mi commosse. Gli ultimissimi incontri coincisero con la consegna delle prime copie del Meridiano. E infine, quest'estate, per i dettagli del suo prossimo libro, che si intitolerà Colti da stupore, in cui vengono raccolte le omelie tenute a Gallarate, finché ebbe voce. Omelie in cui esce fuori la figura di Cristo».

Martini, a Gallarate, con in primo piano il Meridiano che raccoglie i suoi scritti.
Martini, a Gallarate, con in primo piano il Meridiano che raccoglie i suoi scritti.

Raramente un uomo di Chiesa seppe dialogare con tanta forza e intensità con il mondo della cultura: «Fin dal suo ingresso si comprese che era arrivato a Milano non solo un uomo di Chiesa, ma anche un uomo di cultura che avrebbe lasciato un segno, anche in ambito laico. E così fu. Ciò che io ho più apprezzato è la sua antropologia, il mettere l'uomo al centro, l'uomo peccatore. La sua figura biblica preferita era quella di Abramo: un uomo che ebbe un rapporto scioccante con Dio, dominato da contrasti... Peccatore che, in virtù della fede, riesce a portare a compimento la sua missione».

In lui, si ebbe la testimonianza della possibile alleanza fra fede e ragione: «La cultura tende a contrapporle, mentre la ragione è sempre cammino verso il senso della vita. Lunghe e difficoltose sono le tappe della ragione. Si approda alle soglie delle fede, poi occorre il salto. Come fece Abramo...». «La Scuola della Parola e la Cattedra dei non credenti sono rimasti nella memoria», continua Parazzoli. «Lui stesso invitava personalità del mondo laico a esprimere le ragioni della ragione, mentre lui esponeva le ragioni della fede». Su che cosa si fondava questa straordinaria apertura? «Sull'esercizio ignaziano, che gli dava una sorta di distanza e durezza, agli occhi di chi non lo conosceva. La contemplazione era il suo lato nascosto, divenuto palese nel tempo».

Un ultimo ricordo è per "lo stile" con cui visse la sua malattia:
«Fu umile, non rassegnato. L'ha affrontata con serenità e dolcezza. Offrì una testimonianza che non trascinò le folle, come accadde con Giovanni Paolo II, bensì discreta e interiore. Fino alla fine, volle trasmettere la Parola. Lo omaggerò così nel mio necrologio: "Ferruccio Parazzoli ricorderà la Parola di vita del cardinal Martini"».

Paolo Perazzolo
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