Se anche il Papa studia l'ambiente

La Pontificia accademia delle Scienze raduna un gruppo di premi Nobel per studiare il cambiamento climatico. E poi le nuove frontiere sugli oceani, i ghiacciai, le risorse idriche...

Meno neve, più valanghe

18/09/2011

Diminuiscono i giorni di neve ma aumentano di intensità le nevicate, seguite da repentini rialzi termici che rendono sempre più frequenti le valanghe anche d’inverno. Questa è la tendenza in atto  rilevata dal Corpo forestale dello Stato negli ultimi 30 anni.  

    Il fenomeno è stato illustrato nel corso del XXIV Convegno internazionale di Climatologia, tenutosi a Rovereto (Trento) lo scorso fine settimana, a cui hanno preso parte circa 150 esperti e ricercatori provenienti da tutto il mondo per fare il punto sugli effetti e i rischi legati ai cambiamenti climatici. Ad essere interessate da una nevosità più intensa, con carattere di bufera, sono soprattutto le Alpi orientali e gli Appennini centro-meridionali. Una miscela esplosiva per quanto riguarda i rischi in montagna: le temperature più alte sciolgono il permafrost, con conseguente caduta dei massi e aumento del pericolo valanghe non solo in primavera.  

     La Forestale ha divulgato anche i dati Nevemont - servizio di monitoraggio della neve a basse quote, che consente di produrre in tempo reale informazioni utili alla circolazione stradale delle aree più interne e montane d'Italia – che confermano un aumento generale della temperatura media mensile e stagionale. Si va da +0,3 °C a +1 °C, un innalzamento della quota dello zero termico di 50-150 metri, una riduzione di circa il 50 per cento delle nevicate e dell'altezza media del manto di neve sull'Appennino settentrionale e sulle Alpi centro-occidentali. Tra i fenomeni in atto, anche l'aumento delle precipitazioni nevose nei mesi di dicembre ed aprile e una loro diminuzione nel mese di febbraio. L’ipotesi, per l’avvenire, è un innalzamento delle temperature invernali che avrà, come conseguenza diretta, lo scioglimento più rapido anche dei ghiacciai, una saturazione del terreno - incapace di assorbire l'enorme flusso di acqua - e quindi un rischio più accentuato dei dissesti idrogeologici.  

     Un’altra novità emersa dall'incontro di Rovereto riguarda le temperature. Gli ultimi studi dimostrerebbero che nel periodo caldo durante il Medioevo non si sono affatto registrati i valori medi più elevati del millennio. Dagli studi climatologici relativi agli ultimi 30 anni risulterebbe che quest’ultimo periodo sia caratterizzato da temperature ancora più alte.  Lo dimostrerebbero l’abnorme ritiro dei ghiacciai e del pack artico, e la scomparsa – o diminuzione – nel bacino mediterraneo di alcune specie arboree tipiche di climi freddi o continentali. Molte specie arboree mediterranee e coltivazioni, come la vite e l'olivo, sono invece ora più diffuse a latitudini e quote mai considerate prima. 

Gabriele Salari
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