L'osteoporosi si combatte così

Una subdola malattia: colpisce soprattutto le donne dopo la menopausa, ma non fa sconti neppure agli uomini. Occorre conoscerla, per non trovarsi fragili come grissini.

La malattia che colpisce lo scheletro

04/04/2011
La dottoressa Maria Luisa Brandi.
La dottoressa Maria Luisa Brandi.

Quasi cinque milioni di italiani, secondo la Firmo-Fondazione italiana ricerca malattie ossee Raffaella Becagli, hanno l’osteoporosi: 3,5 milioni di donne, oltre un milione di uomini. E’ una malattia subdola, silenziosa, senza sintomi rilevanti all’inizio e, per questo, sottovalutata persino dalle persone più a rischio, che spesso continuano a non preoccuparsi anche dopo essere incappate in una frattura, quando è già tardi.

   E pensare che, il più delle volte, basterebbe seguire uno stile di vita appropriato fin da piccoli per scongiurare il pericolo o, almeno, per rallentare il progredire della malattia quando si manifesta. Parola di Maria Luisa Brandi (nella foto), direttore della Sod-Struttura operativa dipartimentale Malattie del metabolismo minerale e osseo, Azienda ospedaliero-universitaria di Careggi (Firenze).

- Cos’è l’osteoporosi?
"Secondo la definizione dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, è una malattia che colpisce lo scheletro e che è caratterizzata da una riduzione della massa ossea e da alterazioni qualitative della sua struttura. Di conseguenza, le ossa diventano fragili e più esposte al rischio di fratture. La quantità della massa ossea la si misura con apparecchiature che ne determinano la densità: in base alle indicazioni dell’Oms, una persona che ha un valore fino a -1 è definita normale, è osteopenica (ha una densità sotto la norma, ma non ancora allarmante) se il valore è compreso tra -1 e -2,5, osteoporotica se il responso va da -2,5 in giù. Più il dato scende, più cresce il rischio di fratture, ma si hanno casi di persone osteopeniche le cui ossa si spezzano e di osteoporotici che vanno avanti per molto tempo senza subire lesioni. C’è allora un altro parametro da considerare e riguarda la qualità dell’osso, che viene ereditata geneticamente. In sostanza, la fragilità dello scheletro è in parte ereditaria e in parte maturata con l’andare degli anni: come altri organi, pure le ossa invecchiano e si degradano".

- Quando si manifesta la malattia, e perché?
"Innanzitutto va detto che non c’è una sola osteoporosi, ma diverse. Ci sono le osteoporosi primarie, che compaiono a un certo punto dell’esistenza: idiopatica, che può essere giovanile e dell’età adulta; involutiva, di tipo I o II, a cui è imputabile la maggior parte dei casi. La I  è quella postmenopausale, che colpisce le donne dopo la menopausa ed è dovuta soprattutto al venir meno della produzione degli ormoni estrogeni. La II è quella senile, interessa entrambi i sessi con l’avanzare dell’età e riflette le influenze esercitate sul tessuto osseo dalle modificazioni ormonali conseguenti all’invecchiamento. C’è poi la famiglia delle osteoporosi secondarie, conseguenti a un’altra malattia o a determinate terapie farmacologiche, che possono insorgere a qualsiasi età. Per esempio, se a un bimbo viene somministrato cortisone per curare una malattia cronica, alla lunga diventa osteoporotico e lo stesso succede a una donna affetta da amenorrea (mancanza di mestruazioni), o a una persona con ipercalciuria (elevata perdita di calcio attraverso le urine). Sono le forme che i medici hanno difficoltà a riconoscere".

- Non solo le donne, anche gli uomini pagano dazio. In che misura?
"Un over 65 su cinque si ammala di osteoporosi, soprattutto secondaria. E quando si rivolge allo specialista, ha già in bilancio una o più fratture anche perché, non avendo la menopausa, non sa se e quando sottoporsi a una densitometria ossea. Bisogna pertanto aiutare gli uomini a capire i possibili segnali d’allarme: un compito che spetterebbe al loro medico di famiglia".

- Come si riconosce l’osteoporosi?
"Basterebbe anche solo guardarsi allo specchio e controllare di quanto la schiena si è incurvata e la statura si è abbassata in un dato periodo di tempo. In parte, il fenomeno è imputabile ai dischi intervertebrali che, invecchiando, si schiacciano. Ma se la diminuzione della statura supera i 4 centimetri, probabilmente si è verificata la frattura di una o più vertebre, passata inosservata perché non si è fatto caso al dolore alla schiena di quel momento. Se si spezza il femore o l’omero, ci si accorge subito: si va per terra. Se si frattura una vertebra, a meno che il dolore sia lancinante e persistente, è più difficile rendersene conto. In sintesi, la fragilità ossea da osteoporosi è riconoscibile dalle modalità del trauma: se il femore si è rotto scendendo dal letto e non cadendo dalle scale, vuol dire che l’osso è fragile. Ecco perché il Ministero della salute intende istituire il Registro delle fratture da fragilità: i dati permetteranno di adottare le opportune strategie sul fronte della prevenzione".

- A proposito di prevenzione, qual è la situazione oggi?
"Il Ministero della salute ha avviato una revisione del concetto di prevenzione anche per fare chiarezza in chiave di rimborsabilità delle cure. Sono stati individuati tre livelli. Innanzitutto la prevenzione primaria, quella che deve accompagnare ogni persona dal concepimento alla morte e che, in una parola, si può definire come un corretto stile di vita: alimentazione sana, attività fisica costante, poco alcol, niente fumo. C’è poi quella secondaria, che consiste nell’individuare chi è a rischio per curarlo nella maniera più efficace: compito finora affidato alla densitometria ossea, alla quale in futuro si affiancherà anche in Italia la carta di rischio di frattura, o Frax, messa a punto sotto l’egida dell’Oms. Infine, la prevenzione terziaria, ossia intervenire nei confronti di chi è ormai osteoporotico, come sicuramente lo sono coloro che hanno subito una frattura da fragilità. Purtroppo, ogni frattura quintuplica il pericolo di fratturarsi di nuovo e, pertanto, l’obiettivo dev’essere prevenire la prima. E’ per questo fondamentale rivolgersi a tutti, puntando proprio sullo stile di vita: in tale ottica, sono molto importanti le iniziative di informazione e di educazione, a cominciare dai bambini che vanno a scuola".

Maurizio Bianchi e Giusi Galimberti
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