27/07/2011
Il professor Shinya Yamanaka
Quando nel novembre del 2007 il giapponese Shinya Yamanaka è riuscito a “riprogrammare” cellule staminali umane ad uno stadio simile a quello embrionale, pubblicando lo studio sulla prestigiosa rivista scientifica Cell, una nuova frontiera si è aperta sulle potenzialità delle cellule staminali. Yamanaka ha ottenuto le prime “cellule staminali pluripotenti indotte” (“iPS”) con caratteristiche simili a quelle embrionali senza arrivare a creare o distruggere embrioni. La strategia si è basata sull’introduzione di 4 geni necessari a spostare all’indietro l’orologio biologico nel DNA di cellule adulte della pelle mediante un vettore retrovirale. Sotto l'azione di questi geni, le cellule adulte hanno cominciato a regredire, diventando sempre più simili a quelle pluripotenti capaci di ripartire nello sviluppo e tornare a specializzarsi in molteplici forme.
Questa scoperta è stata salutata come una vera svolta dalla comunità scientifica internazionale e gran parte dei laboratori di tutto il mondo ha raccolto la sfida della riprogrammazione delle cellule staminali adulte intuendone le enormi potenzialità. Se queste cellule saranno funzionanti in protocolli terapeutici sull’uomo, i vantaggi sarebbero enormi: oltre a risolvere i problemi etici collegati all’uso delle embrionali, si potrebbero avere facilmente cellule personalizzate per curare ogni paziente, con assenza di rigetto in quanto provenienti dal suo stesso organismo. Ma la conferma che i geni introdotti non causino mutazioni cancerogene od altre anomalie e che le cellule ottenute siano veramente efficaci dal punto di vista clinico deve ancora arrivare, nonostante la già comprovata efficacia terapeutica sui modelli animali. Ottimisti sono i ricercatori sulla possibile evoluzione di questa linea di ricerca.
Le iPS allo stato attuale rappresentano, inoltre, un validissimo modello per lo studio di alcune patologie. All’Università del Wisconsin-Madison e in quella del Missouri-Columbia sono state riprogrammate in staminali pluripotenti cellule prelevate dalla pelle di un bimbo colpito da atrofia muscolare spinale, una grave malattia genetica. Si è così aperta la possibilità di avere un modello cellulare in laboratorio sul quale fare analisi. Scienziati della Stanford University School of Medicine, utilizzando cellule della pelle di giovani pazienti colpiti da gravi difetti genetici del cuore, sono riusciti a generare cellule cardiache da esaminare per capire le basi del difetto in gioco. Il meccanismo è stato compreso fino al punto di aver già scoperto farmaci in grado di contrastarlo. In questo caso lo studio è stato particolarmente importante perché ad oggi non esistono metodi di grande efficacia per l’analisi del cuore umano a livello cellulare. Nei successivi miglioramenti della tecnica, inoltre, si è cercato di risolvere i rischi legati all'introduzione nelle cellule dei geni mediante vettori virali che possono promuovere una crescita incontrollata e portare così allo sviluppo di tumori. In alcuni casi è stato già testato l’impiego di virus che non si integrano nel genoma cellulare o sistemi diversi di trasporto come una sequenza di materiale genetico chiamata “trasposone” in grado di assolvere la stessa funzione.
Alessandra Turchetti