18/04/2012
Secondo uno studio del britannico
Chartered institute of personnel
and development, sarebbe lo
stress la principale causa di
assenza dal lavoro. Ipotesi ripresa da
un’indagine della Fiaso, la Federazione
nazionale delle aziende sanitarie e
ospedaliere, secondo la quale il 25 per
cento dei lavoratori italiani è stressato
dall’impiego e, pertanto, marca visita:
una percentuale che, però, può scendere
parecchio in quelle aziende che si
adoperano per rendere il lavoro meno
pesante. In base alle rilevazioni ufficiali
effettuate ogni quattro anni dall’Unione
europea, è invece il mal di schiena il
disturbo più segnalato dai lavoratori del
Vecchio Continente. «Un dato questo»,
sottolineano il medico del lavoro Natale
Battevi e l’ergonoma Olga Menoni
dell’Unità di ricerca in ergonomia della
postura e del movimento del
Cemoc-Centro di medicina occupazionale
e di comunità della Clinica del lavoro
di Milano, «che conferma come tale
malessere possa essere determinato,
o peggiorato, dalla situazione lavorativa».
(Foto Getty)
Quali sono oggi i lavoratori più esposti
al mal di schiena?
«Se ci si riferisce alle malattie più
serie della colonna vertebrale, come
le discopatie degenerative e l’ernia
del disco, ai primi posti ci sono quelli
dell’industria e gli ospedalieri, che
movimentano rispettivamente oggetti
e persone, e gli addetti ai trasporti, sia
su gomma sia su rotaia. Per questi ultimi,
il pericolo è rappresentato soprattutto
dalle vibrazioni, per gli altri dall’entità
del carico e dall’appropriatezza dei
movimenti. Ad andarci di mezzo è, in
particolare, il tratto lombare del rachide»
E quelli che lavorano negli uffici, agli
sportelli, nei negozi, che rischi corrono?
«Non ci sono evidenze scientifiche di un
nesso di causa tra gravi malattie della
colonna e lavoro sedentario. Tuttavia una
prolungata postura fissa, tipica di chi sta
fermo in piedi dietro uno sportello o un
bancone, oppure seduto a una scrivania,
può comportare una sofferenza
muscolo-scheletrica del dorso. Va detto
comunque che, se anni fa c’era da
preoccuparsi, adesso gran parte delle
persone occupate negli uffici gode
in genere di una certa autonomia
quanto a tempi e modalità di lavoro».
In che senso?
«È possibile prendersi una pausa,
cambiare posizione e muoversi più di
frequente, come si dovrebbe fare pure
fuori dall’ambiente lavorativo. La nostra
unità operativa ha confezionato numerose
pubblicazioni divulgative, per esempio
Mal di schiena? No grazie, per dare ai
lavoratori indicazioni di prevenzione
e suggerimenti pratici per la salute del
loro dorso: l’elenco è reperibile sul sito
www.epmresearch.org. Va da sé che
qualunque postazione di lavoro deve
essere resa il più possibile ergonomica».
Come si attua questa forma
di prevenzione?
«Ci sono obblighi di legge, in base ai quali
tutte le postazioni devono rispondere
a requisiti ben precisi. Il datore di lavoro
è tenuto a effettuare una valutazione
del rischio per fare emergere eventuali
problemi e apportare gli adeguamenti
del caso, da sottoporre in seguito a un
costante monitoraggio. La questione è
che non tutti i datori di lavoro rispettano
le norme. Ma con il tempo, anche grazie
ai corsi da noi organizzati per operatori
della prevenzione, ossia medici e tecnici
del Servizio sanitario nazionale e delle
aziende, si spera di colmare le lacune».
Lavorare in un ambiente
ergonomicamente funzionale migliora
anche la produttività?
«C’è senz’altro un’utilità sotto il profilo
economico, giacché il mal di schiena
ha un costo sociale elevato non solo per
i lavoratori, ma per le aziende stesse.
È chiaro che, se una persona è messa
in condizione di lavorare bene, produce
meglio. Un concetto peraltro ribadito dal
rapporto “Fit for work” della The Work
foundation, autorevole organizzazione
non profit di Londra».