Dossier - La guerra dei cordoni

E' polemica sulla conservazione per sé delle cellule staminali da sangue cordonale in banche private. I dubbi degli scienziati e delle associazioni di volontariato.

“Il sangue cordonale e’ un’assicurazione sulla salute”.

03/06/2010
Laboratorio di ematologia dell'Istituto superiore della Sanità (ANSA).
Laboratorio di ematologia dell'Istituto superiore della Sanità (ANSA).

«Nella nostra struttura la conservazione del sangue cordonale costa 2.050 euro per 20 anni, senza ulteriore versamento successivo», afferma l’ingegner Italo Tripodi, direttore generale di Future Health Italia. Nata nel 2004, Future Health è una delle 23 banche private che, autorizzate dal Ministero della Salute, raccolgono sangue cordonale per la donazione cosiddetta “autologa”, cioè per esclusivo uso privato. La banca nata a Nottingham, vicino a Londra, ha sedi in 17 Paesi ed è accreditata come banca di tessuti umani dal ministero della Salute inglese. Assieme a Tripodi, la dottoressa Eugenia Kantzari, Responsabile Comunicazione e Operations di Future Health Italia, ci spiegano l’attività e i servizi offerti dalla biobanca inglese.

Perché una donna decide di fare una donazione autologa, cioè per esclusivo uso privato?
«Chi decide di donare il sangue cordonale per uso privato», risponde il direttore generale, «lo fa innanzitutto per alcune difficoltà che si riscontrano nella donazione pubblica, che sono sia di natura logistica, in quanto solo raramente chi partorisce capita in strutture ospedaliere attrezzate per raccogliere il sangue cordonale, sia di natura quantitativa, in quanto le banche pubbliche, a differenza di quelle private, non procedono alla conservazione del sangue se i campioni non hanno almeno 80 centilitri di sangue, un quantitativo molto alto che non sempre si riesce a raggiungere». Ma il motivo principale pare essere un altro: «Le probabilità di trovare del sangue compatibile in banche pubbliche sono pochissime, circa una su 40.000; c’è chi vuole allora costituirsi una riserva privata da utilizzare anche in caso di bisogno all’interno della famiglia in caso di malattie future». Una sorta di “assicurazione biologica”, dunque.

C’è, però, da dire poi che statisticamente la percentuale di avere un altro figlio malato è in realtà molto bassa e viene da chiedersi se il gioco, pardon, il costo, valga la candela.    Un’altra obiezione alla conservazione autologa è la mancanza di evidenze rispetto all’azione di queste cellule per fini rigenerativi, cioè per curare malattie causate dalla morte di tessuti. La dottoressa Kantzari nutre al contrario una grande speranza in merito: «Le cellule emopoietiche in effetti possono produrre solamente cellule sanguigne. Invece le cellule staminali mesenchimali, quelle cioè che si trovano nella gelatina del cordone, offrono invece promettenti prospettive per la medicina rigenerativa e noi, al contrario di qualcuno, vogliamo essere ottimisti in materia».

C’è infine chi sostiene che si deve verificare ancora un solo caso di utilizzazione del sangue cordonale stoccato in banche private. « È vero», ammette Kantzari: «A fronte di 20 mila donazioni autologhe in soli due anni non abbiamo avuto ancora casi di utilizzo, ma il numero ancora relativamente basso di donazioni e il tempo limitato dall’inizio dello stoccaggio ancora non permette di dire che è una pratica inutile. All’estero, dove il bancaggio è partito prima, vi sono dei casi ben documentati».


Stefano Stimamiglio

di Alberto Laggia e Stefano Stimamiglio
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