Un possibile identikit del volontario

Un’efficace analisi delle caratteristiche psicologiche del volontario, aiuta a capire come questo fenomeno possa costituirsi come una risorsa per sé, oltre che per gli altri.

Motivazioni complesse

18/05/2011

Le ricerche psicologiche e sociologiche hanno evidenziato che il volontariato è una realtà composita e la spinta all’impegno in tale settore è il risultato di motivazioni e processi particolarmente complessi. Sono state individuate due grandi aree di influenza: fattori individuali; fattori familiari, comunitari e sociali. Il mondo motivazionale individuale risulta essere un impasto armonico di elementi a volte apparentemente antitetici e non un’ordinata successione di fattori separati in cui alcuni escludono altri3. Le motivazioni sono state classificate e connesse in modo originale da Yeung, che ha individuato quattro polarità, attorno alle quali le motivazioni si aggregano.

  1. Dare-ricevere, in cui il dare comprende il desiderio di aiutare i meno fortunati, di impegnarsi per il bene comune, di aver sperimentato l’essere aiutati; il ricevere è legato all’autosoddisfazione, al benessere personale, alla possibilità di effettuare esperienza in un ambiente sicuro. In tale continuum fare il volontario può risultare un’attività che ha diverse funzioni: a) poter vivere il senso di responsabilità verso la comunità; b) mettere a disposizione le proprie risorse; c) essere riconosciuti, accolti e rispettati; d) proteggere l’Io dagli aspetti negativi, quali, per esempio, il senso di colpa che nasce dalla consapevolezza di essere più fortunati di altri e da conflitti interni relativi al proprio valore e alle proprie capacità; può aiutare ad affrontare i problemi personali, grazie allo spostamento dell’attenzione su persone in stato di bisogno che si trovano in situazioni peggiori e traggono benefici dall’operato del volontario; e) favorire lo sviluppo della propria personalità; g) aumentare le opportunità di entrare nel mondo del lavoro e realizzare alcuni cambiamenti; partecipare alle attività di volontariato è un elemento qualificante del proprio curriculum, in quanto, come emerge da alcune ricerche, il volontario è considerato migliore di chi non è impegnato ed è da ammirare; inoltre sottende “buone qualità” come l’essere affidabile, onesto e disponibile.
  2. Continuità-novità: il primo termine è permeato dall’esigenza di trovare affinità di ideali o di competenze, mentre il secondo è caratterizzato dal desiderio di cambiare e poter vivere esperienze nuove. Anche in questo contesto è possibile individuare varie funzioni: a) esprimere e condividere ideali religiosi, politici e morali, tra cui l’essere accanto agli ultimi, a coloro che hanno affinità culturali, quali, per esempio, l’amore per l’arte che porta a proteggere il patrimonio artistico e a diffonderlo; vivere il senso di responsabilità verso la comunità, dal nucleo più piccolo, la famiglia, all’umanità intera; b) confrontare, assimilare e rielaborare valori e cultura; c) accrescere, affinare, apprendere nuove competenze e abilità in ambito professionale, culturale e sociale; d) ampliare la rete dei rapporti sociali: è possibile aumentare il numero delle persone con cui si stabiliscono rapporti di conoscenza, collaborazione, amicizia e, contemporaneamente, sedimentare la stabilità, la positività e la profondità delle stesse relazioni.
    Viene, così, favorito lo sviluppo del senso di appartenenza al gruppo e della fiducia sociale, aspetti poco diffusi nella società contemporanea pervasa da instabilità, precarietà e mutamenti rapidissimi.
  3. Distanza-prossimità: il volontario può scegliere di impegnarsi in due tipologie di situazioni; una prevede una relazione stretta e continua con il destinatario dell’intervento, l’altra una relazione senza un contatto diretto, come avviene nelle attività di progettazione oppure di coordinamento e supervisione dell’operato dei gruppi. Le funzioni possono essere: a) sentirsi utili e scoprire il senso del proprio operare, anche se realizzato nel distanziamento; b) sperimentare la positività della prossimità con il “diverso”; c) prendere una tregua in una vita densa di relazioni strette.
  4. Riflessività-prassi: la riflessività è intesa come elemento che opera una mediazione tra la struttura e l’agire personale e la funzione è quella di tutelare la coerenza intra-psichica e sociale. Nella polarità della prassi è privilegiata l’azione, la cui funzione è conciliare l’impegno volontario con flessibilità e certezza del tempo; la scelta è orientata verso progetti a breve- medio termine. Studi e ricerche hanno registrato la fluttuazione di motivazioni nel tempo e all’interno della stessa persona7, pertanto la persona può spostarsi avvicinandosi o allontanandosi dalle polarità, oltre che modificare i punti di intersezione.
    Una conseguenza è che le motivazioni incorporate nella propria storia e a seguito dell’esperienza con i beneficiari, gli altri volontari e la struttura di riferimento, possono variare e gli scenari divengono innumerevoli: dal continuare a fare il volontario a interrompere, dal cambiare struttura all’intraprendere l’esperienza in altri campi d’intervento.

Rossella Semplici
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