15/05/2013
Un’operazione per ridurre il rischio di ammalarsi. Si chiama tecnicamente mastectomia risk reducing la tecnica chirurgica a cui si è sottoposta Angelina Jolie.
«Non si tratta – spiega Roberto Agresti – direttore della chirurgia senologica dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano – di una pratica diffusa, perché sono poche le pazienti per le quali si ritiene necessario ricorrere all’operazione. Stiamo parlando del 7, 8% di coloro che si ammalano di questo tumore, dunque una sottopopolazione esigua».
La mancanza del Brca 1, come nel caso della Jolie, espone al rischio di ammalarsi: è infatti questo gene un “riparatore” dei danni cellulari, come nel caso della crescita delle cellule tumorali.
«Fondamentale, dunque, sottoporsi al test genetico come primo passaggio – continua l’esperto – Poi, una volta deciso di percorrere la strada della chirurgia di riduzione di rischio, vanno valutati tutti gli aspetti con l’equipe medica, dallo psicologo, al senologo. Occorre prendere in considerazione, come nel caso della star di Hollywood, anche la storia familiare (la Jolie ha raccontato nell’intervista al NY Times la vicenda della madre, morta a 56 anni e dei dieci anni di lotta con la malattia, ndr)».
L’alternativa all’intervento di asportazione chirurgica della ghiandola mammaria è rappresentata dai controlli ravvicinati: «che non riducono il rischio – precisa Agresti – ma consentono attraverso la risonanza magnetica di individuare il tumore velocemente e di asportarlo per tempo, così da guarire».
Nello stesso tempo il medico avverte che questa operazione «non si può fare a cuor leggero in qualsiasi ospedale, ma va portata avanti in tutti i suoi passaggi nei centri specializzati in chirurgia mammaria che esistono nel nostro Paese».
Il rischio, infatti, non si azzera, scende di una considerevole percentuale (Jolie ha parlato di un calo dall’87% al 5%) «e dunque l’operazione va fatta bene, lasciando la giusta porzione di ghiandola mammaria». Per evitare che possa diventare paradossalmente un intervento inutile.
Francesca Lozito
Orsola Vetri (a cura di)