15/05/2013
In Usa i casi di mastectomia preventiva sono in aumento: secondo uno studio pubblicato nel 2007 sul Journal of Clinical Oncology, dal 1998 al 2003 è più che raddoppiato il numero di pazienti che, avendo sviluppato un tumore a una mammella, hanno chiesto la rimozione chirurgica dell'altra ancora sana per evitare futuri problemi.
Su 150 mila donne analizzate nello studio, nel 1998 ha richiesto l'asportazione di entrambe le mammelle l'1,8% delle pazienti, ma erano già il 4,5% nel 2003. L'asportazione di un solo seno, invece, è passata dal 4,2% del 1998 all'11% del 2003.
Secondo la genetista Laura Papi, del Dipartimento Scienze biomediche sperimentali e cliniche dell'Università di Firenze, la mastectomia bilaterale preventiva «è uno degli interventi d'elezione e di fatto un rischio calcolato», anche se sottolinea che nonostante l'asportazione dei seni il rischio di un tumore non si azzera: «Possono sempre rimanere alcune cellule, e il rischio residuo varia dal 10 al 5% a seconda del tipo di intervento».
In genere si tratta di operazioni giustificate dai rischi
che si manifesti un cancro. In particolare secondo Papi,
«una persona che ha mutazioni nel gene Brca1 (come nel caso
di Angelina Jolie) ha una probabilità di sviluppare il
tumore alla mammella che può raggiungere l'80%, e per
l'ovaio fino al 40%».
Interventi che la genetista assicura
«vengono fatti di routine anche in Italia», precisando però
che si preferisce l'asportazione delle ovaie, forse perchè
la mastectomia bilaterale «è un intervento meno accettato
soprattutto dal punto di vista estetico».
di Orsola Vetri
Orsola Vetri (a cura di)