Guerre civili, la Somalia a una svolta

Una forte offensiva diplomatica, ma anche militare, mira a stabilizzare le istituzioni del Paese africano e a stroncare gli Shabab. La fine della guerra civile sembra più vicina.

Rinnovato impegno degli Stati Uniti per pacificare la Somalia

15/06/2012
Una famiglia di sfollati somali nei pressi di Mogadiscio (Foto:Reuters).
Una famiglia di sfollati somali nei pressi di Mogadiscio (Foto:Reuters).

Una visita lampo, ma di quelle che lasciano il segno. Johnnie Carson, consulente per gli Affari africani del segretario di Stato americano, si è recato nei giorni scorsi a Mogadiscio per incontrare i responsabili del Governo federale di transizione (Tfg) della Somalia.

     La visita di Carson, il rappresentante americano più alto in grado recatosi in Somalia negli ultimi 20 anni (dalla fine della missione internazionale di pace “Restore Hope”), ha senza dubbio il significato di sottolineare il “placet” statunitense all’intensa trattativa politica di queste settimane che hanno portato alla “road-map” (vedi pezzo a seguire) attraverso la quale entro il prossimo agosto la Somalia dovrà uscire definitivamente dall’epoca degli accordi disattesi e dei governi “fantasma”, per avere finalmente istituzioni stabili e non più transitorie.

     Ma la presenza ha Mogadiscio dell’inviato Usa ha anche il significato dell’avallo dell’amministrazione Obama sulle operazioni militari in corso che hanno portato a ripetute offensive e vittorie sul campo delle cosiddette “forze alleate”, ossia le truppe dell’Unione Africana, quelle del Kenya e l’esercito regolare somalo.

     Carson ha colto l’occasione per minacciare «sanzioni contro chiunque cerchi di affossare la “road-map”» e la creazione di istituzioni stabili. «Congeleremo i conti, non concederemo visti a chiunque faccia deragliare il processo di pace», ha detto.

     Inoltre, Washington – che è il principale finanziatore della missione dell’Unione Africana (Amisom) nel Paese – ha messo una taglia sui principali capi del movimento di insurrezione al Shabaab per un totale di 33 milioni di dollari. Insomma, tutto indica un rinnovato impegno Usa per trovare una soluzione alla ventennale guerra civile somala.

Distribuzione dell'acqua a un gruppo di sfollati della periferia di Mogadiscio (Foto: Reuters).
Distribuzione dell'acqua a un gruppo di sfollati della periferia di Mogadiscio (Foto: Reuters).

Sul piano militare, intanto, è stata decisa ufficialmente la completa integrazione delle truppe kenyane dispiegate dall’ottobre scorso sul territorio somalo (nell’ambito dell’operazione “Linda Nchi”, cioè “Proteggere la nazione”) nella missione dell’Unione Africana (UA) Amisom. «Un passo decisivo nella strategia per sconfiggere al Shabaab», l’ha definita Ramtane Lamamra, commissario dell’UA per la pace e la sicurezza.

     Anche l’ultima conferenza internazionale tenuta nei giorni scorsi a Istambul e dedicata al travagliato Paese del Corno d’Africa ha ribadito il sostegno alla missione militare e alla “road-map” che dovrà rinnovare le istituzioni politiche del Paese.

     All’incontro hanno partecipato i rappresentanti di 57 Paesi e di 11 organizzazioni regionali e internazionali, oltre a diverse realtà della società civile somala. Il documento conclusivo, intitolato “Preparando il futuro della Somalia. Obiettivi per il 2015”, ha ribadito «il rispetto per la sovranità, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica e l’unità della Somalia».

     Il prossimo appuntamento, in questo cammino a tappe forzate verso la pacificazione del Paese, sarà a Roma, con la riunione del cosiddetto “Gruppo internazionale di contatto”, il 2 e 3 luglio prossimi. L’obiettivo dell’incontro sarà di dare nuovo impulso «alle fasi finali della transizione», come dice il documento di Istambul. Tutto in vista del prossimo 20 agosto, data entro la quale la Somalia dovrà dotarsi di nuova Costituzione e nuovo Parlamento.

Luciano Scalettari
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