03/05/2013
Un'immagine dello spettacolo teatrale "La casa del sonno"
Beniamina
ha 60 anni e vive all'interno di una sala Bingo senza poter uscire.
Ad un tratto si risveglia, sente nostalgia di tornare alla vita reale
ma Barney, suo compagno di giocate e "demone" tentatore, la
convince a restare in sala. A casa c'è una famiglia che l'aspetta
invano.
Le
stanno provando tutte gli obiettori dell'azzardo per alzare il velo
sulle vittime dell'alea. Anche con il teatro. Beniamina, infatti, è
la protagonista de La
casa del sonno,
lo spettacolo scritto da Alessandra Comi con la consulenza
scientifica di Fulvia Prever e Valeria Locati per sensibilizzare
sulla ludopatia e far conoscere i meccanismi psicologici che
conducono alla dipendenza.
I gestori dicono basta - L'offensiva
ormai si combatte su più fronti. Molti gestori, stanchi di vedere
gente rovinarsi, hanno detto basta alle slot machines nel proprio
locale: è successo a Cremona, al "Gio Bar" di Monica Pavesi. Ma
anche a Brescia, a Trento, con capofila il Bar "Perini 131", a Toirano,
nel savonese. Al
"Crazy Pub" di Casorate Sempione, nel varesotto, sei mesi fa al posto
della macchinette hanno fatto spazio formaggi, vini e birre
artigianali e ora si organizzano anche aperitivi anti azzardo. Una
scommessa vinta perché i clienti nel frattempo non sono diminuiti.
La crociata dei comuni - Anche le istituzioni ci provano. La Regione Liguria ha depositato in
Parlamento una proposta di legge per vietare la pubblicità dei
giochi d'azzardo. Il comune di Udine, nel marzo scorso, ha sospeso
per un anno il rilascio delle autorizzazioni per aprire nuove sale
giochi. Ma spesso, come è successo a Verbania, regolamenti
urbanistici e ordinanze sono armi spuntate. I concessionari dei
giochi infatti ricorrono al Tar che quasi sempre dà loro ragione. In
nome del mercato e della libera concorrenza.
Qualche
mese fa si è aperto però uno spiraglio. Il Tar del Piemonte ha
emanato un'ordinanza che chiede alla Corte Costituzionale di
dichiarare incostituzionali l'articolo 50 (comma 7) del decreto
legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 e l'articolo 31 (comma 1) del
decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011. Si tratta di due norme che
bloccano di fatto ogni possibilità di intervento dei sindaci su sale
giochi e locali che ospitano slot machine. Secondo i giudici
piemontesi, sono incostituzionali le leggi che «escludono la
competenza dei comuni ad adottare atti normativi e provvedimenti
volti a limitare l’uso degli apparecchi da gioco». Anche perché,
ha detto il Tar, si tratta di norme che «determinano una situazione
di assenza di principi normativi a contrasto della patologia
riconosciuta della ludopatia». E in questo modo, quindi, «la
normativa vigente non tutela la salute pubblica».
A
investire i giudici amministrativi della questione era stati tre titolari di esercizi
commerciali che avevano fatto ricorso contro un’ordinanza del 2012
e il regolamento del 2011 del comune di Rivoli (Torino) che
imponevano una stretta sulle sale giochi a partire dagli orari di
apertura e chiusura. Il Tar, da un lato, ha ribadito che per il
principio di libertà di concorrenza «nell’attuale disciplina al
Comune è sottratta la funzione di limitare la localizzazione e la
fascia oraria di utilizzo e funzionamento degli apparecchi da gioco».
Ma in questo modo, hanno spiegato i giudici, si determina «una
situazione di assenza di principi normativi in contrasto della
patologia riconosciuta e denominata "ludopatia"». Bisogna
quindi dichiarare incostituzionale tali norme «riconoscendo una
specifica funzione di contrasto al fenomeno patologico agli enti
locali, in applicazione dei principi di prossimità con la
collettività e di sussidiarietà tra amministrazioni pubbliche, si
doterebbe l’ordinamento giudico di strumenti» per «un’azione
amministrativa funzionale a porre un argine alla disponibilità
illimitata delle offerte di gioco».
Un
mese fa, infine, numerosi sindaci dell'hinterland di Milano e Como hanno
lanciato un Manifesto contro il gioco d’azzardo che ha registrato
più di 150 adesioni. L'obiettivo è formulare una proposta di una
legge d'iniziativa popolare che regoli il settore, limitandolo con
tasse più alte, controlli più approfonditi sui flussi di denaro
(per limitare le infiltrazioni della criminalità organizzata) e
vietare la pubblicità.
Antonio Sanfrancesco