Balduzzi: la sua idea dello Stato

30/01/2012
Renato Balduzzi, ministro della Salute.
Renato Balduzzi, ministro della Salute.

“Era un garante scrupoloso della Costituzione, perché lui la Costituzione l’aveva scritta, anzi l’aveva amata nella sue parole profonde e ciò anche a prezzo di non poche incomprensioni”. Il Ministro della Salute, Renato Balduzzi, è l’unico professore di Diritto Costituzionale nel “Governo tecnico” di Mario Monti e con il presidente Scalfaro ha collaborato per anni nel Comitato “Salviamo la Costituzione”, ultimo impegno dell’ex-presidente della Repubblica.


-  Ministro, di cosa era preoccupato Scalfaro?

     “Dell’equilibrio nella considerazione e nell’applicazione dei principi costituzionali. Fu la grande fatica dei Costituenti. Avevano concepito la Carta in due parti: la prima, quella dei principi fondamentali, era garante della seconda, quella dei diritti e dei doveri. La loro preoccupazione era che quell’equilibrio faticosamente raggiunto potesse reggere alla prova del tempo e dei cambiamenti politici del Paese”.

- Il Presidente emerito temeva cambiamenti nella Costituzione?

     “Temeva, come d’altra parte Dossetti, che per primo lanciò l’allarme alla metà degli anni Novanta, che si cambiasse la Costituzione così tanto per cambiare, cioè senza idee e senza approfondimenti”. 

-  La sua dunque era una preoccupazione politica?

     “Certamente. La Costituzione venne congegnata in modo che il meccanismo di equilibrio tra i poteri di garanzia e i poteri politici funzionasse al di là dei cambiamenti del quadro politico. A Scalfaro non piaceva affatto che il cambio di maggioranze e la presenza sulla scena politica di due poli, come è avvenuto a partire dalla metà degli anni Novanta, potesse portare a un cambio della Costituzione. Quasi che bisognasse rottamare la Costituzione per garantire il nuovo che appariva sulla scena politica. Non si rottama la Costituzione perché si decide di rottamare le generazioni precedenti”.

- E così il vecchio Presidente è salito sulla breccia…

     “Direi l’antico Costituente. Scalfaro non ha mai perso la memoria di quel gruppo di giovani che sedeva nell’Assemblea costituente e che è riuscito a scrivere la più bella Carta fondamentale del mondo. Erano giovani appassionati del bene comune, si direbbe oggi. Si potrebbe dire anzi dello Stato come casa di tutti. Ciò non significa negare la necessità di cambiamento. Eppure, se si legge bene la Costituzione si può vedere che l’equilibrio è la vera garanzia di ogni cambiamento. E funzionò subito, perché appena dopo la Costituente si presentarono sulla scena politica proprio due poli. Scalfaro attribuiva alla Carta un ruolo di sentinella che mai è venuto meno. Per questo alla fine del suo settennato prese il testimone da Dossetti della difesa della Costituzione così come loro insieme l’avevano scritta”. 

- Qual è il Suo ricordo del Presidente? 

     “Mi telefonò il giorno che Monti mi nominò ministro. Aveva un filo di voce. Era contento per il nuovo Governo e per la mia nomina. Mi disse di continuare nelle battaglie fatte insieme per difendere la Costituzione. Per me quella telefonata fu un grande regalo. L’ultima volta lo vidi ad ottobre, all’ultimo comitato di presidenza dell’associazione “Salviamo la Costituzione”. Parlava con difficoltà, per tutti noi fu una grande commozione”. 

- Che cosa rimane, adesso, di Oscar Luigi Scalfaro?

     “L’esempio della dirittura morale e la grande capacità di dialogo. E poi il senso del bene comune. Lui ha servito le istituzioni e non si è mai servito delle istituzioni. Amava lo Stato, perché lo concepiva come la casa di tutti”.

a cura di Pino Pignatta
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