30/01/2012
Carlo Carretto, terzo da destra, a Castelgandolfo, durante la "Quattro giorni" dei Presidenti diocesani, 4 maggio 1951. Foto: l’Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI - Isacem/ Comunità dei piccoli fratelli Jesus Caritas di Sassovivo.
Uno
spartiacque. C’è un prima e c’è un dopo. La grande adunata dei
“baschi verdi” rappresenta una tappa fondamentale nella storia
dell'Azione Cattolica, della Chiesa, della Dc e della società italiana.
E anche, a suo modo, di Oscar Luigi Scalfaro, un politico che in tutta la sua vita ha portato con orgoglio - al bavero della giacca - il distintivo dell'Azione Cattolica, l'associazione in cui si forma da giovane.
La
sera di sabato 11 settembre 1948, a Roma, nove cortei di fiaccole raggiungono
piazza San Pietro,
300 mila giovani cantano il Credo insieme con
altre migliaia di romani (si parla di mezzo milione di persone, in
tutto), la professione di fede è intonata da Carlo Carretto al
termine del suo discorso, pronunciato a fianco di una folta
rappresentanza del Governo italiano e di una cinquantina di
delegazioni cattoliche straniere.
A pochi mesi dalla grande vittoria della Democrazia Cristiana nelle combattutissime elezioni politiche del 18 aprile 1948, il discorso pronunciato quella sera da Carlo Carretto, leader indiscusso della Gioventù italiana d'Azione Cattolica (Giac), pare esprimere l’idea che – arrivati
al governo della Nazione – i cattolici non abbiano più né
ostacoli né alibi per poter sanare i mali del Paese. Quasi un programma politico, il suo: «Che diremo a
voi, uomini che avete la responsabilità della cosa pubblica e che
dovete sperimentare il vostro potere non dominando ma servendo?», dice Carretto. «Noi giovani vi chiediamo solo due cose: il
lavoro e la casa. Siamo tornati da tante guerre con nel cuore
un’unica speranza: ricostruire. Ricostruire, lavorare, fare un
mondo migliore, e sovente ci siamo trovati e ci troviamo contro la
tremenda fatalità di non potere fare nulla e sul nostro labbro amaro
come la morte sorge una parola: sono senza lavoro, sono disoccupato.
Signori del governo, uomini che fate le leggi, che cosa rispondete?».
Alcide De Gasperi, in una foto d'archivio.
In Piazza San Pietro c'è anche lui, Oscar Luigi Scalfaro. «Mi ricordo bene quella notte», racconta nella testimonianza preparata per il libro Carlo Carretto, l'impegno, il silenzio, la speranza, edito dalle Paoline nel 2010. «Alcide De Gasperi si gira verso chi gli è seduto accanto e commenta: “Abbiamo trovato un nuovo ministro del Tesoro”. In filigrana par di vedere dietro Carretto i cosiddetti “professorini” della Dc, i vari Giorgio La Pira, Amintore Fanfani, Giuseppe Dossetti, Giuseppe Lazzati. Con quel suo discorso, Carlo intende togliere definitivamente il freno all’azione sociale dei cattolici».
Si confida, l’ex Presidente della Repubblica. «Lo ammetto. Non provo nessun entusiasmo per le modalità che caratterizzano quell’incontro», dice ancora Scalfaro. «Di “adunate oceaniche” l’Italia ne ha già avute fin troppe, penso. E poi il timore per la divisa (cos’altro è il “basco verde”?), per un certo intruppamento… Ma attenzione: di Carlo Carretto non si può che dire bene. Lo consideriamo tutti un amico, un compagno di ideali, uno genuino, autentico, cristallino. E poi l’Azione cattolica è casa nostra. Io entro a farne parte a 11 anni, quando frequento la prima ginnasio, a Novara, la mia città natale».
Un giovane Oscar Luigi Scalfaro in una foto d'archivio.
«Va così», spiega Scalfaro: «nella mia stessa casa abita un giovane impiegato che ne è già membro attivo. Mi incanta per la sua saggezza e il suo equilibrio. Milito nella Giac quando questa è duramente avversata dal fascismo. Fondamentale è per me la presenza e la guida di padre Francesco Fasola (lo stesso che Carlo Carretto ha modo di conoscere e apprezzare a Galliate, durante il suo primo incarico come maestro elementare nell’anno scolastico 1927-1928, ndr.) che è mio insegnante di religione al Liceo, prima, e assistente della Giac di Novara, poi». «Carretto lo conosco bene e lo frequento proprio nella Giac, di cui divento presidente diocesano», prosegue Oscar Luigi Scalfaro. «Ho con lui rapporti stretti in particolar modo quando Carretto, in qualità di presidente diocesano della Giac di Torino, coordina le varie realtà giovanili d’Azione cattolica sparse in tutto il Piemonte. Quanti incontri, anche durante la guerra. A Novara, ovviamente. Ma anche a Ivrea e in altre città della regione. Carlo eccelle per lo spessore della sua spiritualità e per la coerenza della sua testimonianza; quel suo carattere espansivo, attento agli altri, capace di coinvolgere e suscitare entusiasmo lo fa, però, sentire sempre e comunque “uno dei nostri”. Piace perché ama stare “con la truppa”, proprio come amo fare io e come amano fare molti altri. Rammento al riguardo un mio intervento polemico, quando – alla Cattolica di Milano, l’Università dove mi laureo in Giurisprudenza nel 1941– chiedo alla Fuci di essere, sì, laboratorio di nuova teologia e di innovazioni pastorali, ma senza dimenticare i tanti, le “masse” si usa dire allora, che non hanno la possibilità di attingere alla cultura d’elite».
Oscar Luigi Scalfaro vive in prima persona l’ingresso in politica della classe dirigente dell’Azione cattolica. «Nel 1946, con la piena benedizione del mio vescovo, un frate cappuccino, padre Giacomo Leone Ossola, mi presento con la Dc alle elezioni che devono formare l’Assemblea Costituente. Io, un perfetto sconosciuto o quasi, per quanto sia già un magistrato, raccolgo oltre 46 mila preferenze e mi piazzo prima di personaggi ben più famosi come Giuseppe Pella o come il sindacalista della Cisl Giulio Pastore. Merito degli assistenti e dei dirigenti dell’Azione cattolica che battono palmo a palmo il territorio sostenendo, bontà loro, la mia candidatura. Il timore di perdere in malo modo in città industrializzate come Torino, Milano e Genova è fugato proprio grazie a questa capillare e convinta mobilitazione. Il 18 aprile 1948, si replica, migliorando ancora il risultato».
Alberto Chiara
a cura di Pino Pignatta