Colombia e Venezuela: la svolta

A Bogotà il Governo segna un importante passo avanti nella lotta alla guerriglia e al narcotraffico. A Caracas Hugo Chávez è in declino di popolarità e viene punito dal voto.

Con la morte del "Mono Jojoy", vita più dura per le Farc

29/09/2010
Una foto segnaletica di capi guerriglieri ricercati dalla polizia colombiana.
Una foto segnaletica di capi guerriglieri ricercati dalla polizia colombiana.

    Il suo soprannome, "Mono Jojoy", richiamava un verme che si nasconde con grande abilità sotto la terra: proprio come lui, che per anni era riuscito a evitare la cattura nascondendosi nel fitto intricato e inespugnabile delle foreste colombiane. E ogni volta che sfuggiva alle forze militari che gli davano la caccia, la sua aura di prestigio e invincibilità cresceva sempre di più. "Jorge Briceno Suarez" (come anche veniva chiamato) era uno dei capi guerriglieri più temuti dell’America latina. La sua uccisione nella selva del dipartimento di Meta, al culmine di un’operazione militare dai toni quasi cinematografici denominata "Sodoma", segna un punto di svolta nella lotta della guerriglia contro lo Stato colombiano.

    Nessuno si fa illusioni. La morte del capo guerrigliero non mette la parola fine alle Forze armate rivoluzionarie della Colombia; ma certamente il movimento guerrigliero legato al narcotraffico non sarà più lo stesso. Il "Mono Jojoy" era il numero due delle Farc – dopo l’uccisione di Manuel Marulanda, detto "Tirofijo", nel 2008, alla testa del movimento era stato designato Alfonso Cano - ma esercitava sui suoi compagni un potere carismatico che lo collocava agli occhi dei guerriglieri nella posizione del lider maximo, tanto che molti dei suoi subalterni era pronti a sacrificare la vita per lui. E’ soprattutto grazie a lui se nei decenni scorsi le Farc si sono trasformate in una potente e ben congegnata macchina da guerra capace di tenere testa alle forze dello Stato.

    Molti in Colombia commentano con disilluso realismo che dopo il Mono Jojoy arriveranno altri capi al suo posto. Ma non sarà comunque la stessa cosa. Con la morte del numero due le Farc rimangono prive di una leadership prima di tutto morale: a detta degli analisti colombiani, la sua perdita avrà ripercussioni profonde sull’organizzazione e sullo spirito rivoluzionario di una guerriglia che, adesso, è costretta ad affrontare la sua più grave crisi in quattro decadi di storia e di violenze.

a cura di Giulia Cerqueti
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