Colombia e Venezuela: la svolta

A Bogotà il Governo segna un importante passo avanti nella lotta alla guerriglia e al narcotraffico. A Caracas Hugo Chávez è in declino di popolarità e viene punito dal voto.

Il lento declino del presidente bolivariano

29/09/2010
Sostenitori di Chávez con un manifesto che raffigura il presidente venezuelano.
Sostenitori di Chávez con un manifesto che raffigura il presidente venezuelano.

     Mentre il presidente colombiano Santos festeggia il successo raggiunto nella lotta alla guerriglia armata, il vicino venezuelano Hugo Chávez comincia a tremare: alle elezioni parlamentari le urne gli hanno inferto una sonora bastonata. Il suo Partido socialista unido de Venezuela (Psuv) conserva la maggioranza dei seggi in Parlamento (Assemblea nazionale), ma l’opposizione raggruppata nella lista unica Mesa de unidad democratica – identificata nel volto giovane ed elegante della 43 enne deputata di Caracas Maria Corina Machado - conquista il 52% delle preferenze.

    Chávez, insomma, non esce sconfitto, ma non canta neppure vittoria. Del resto, già prima della tornata elettorale si sapeva che il discusso presidente che sogna la rivoluzione socialista del XXI secolo aveva perso una larga fetta del sostegno popolare negli ultimi quattro anni: nel 2006, quando è stato rieletto, il capo di Stato godeva del 75% dei consensi, oggi i dati oscillano tra il 60% secondo alcuni sondaggi e il 42-44% secondo altri.

    Ad alimentare il malcontento è l’allarme per la crescente ondata di insicurezza e di violenza che investe il Paese: se la vicina Colombia si muove verso un controllo sempre maggiore del territorio, il Venezuela al contrario sta vivendo un’escalation di violenze paragonabili solo a quelle di un Paese in guerra: nel 1998 gli omicidi erano 4.500, nel 2009 se ne sono registrati oltre 16.000. E poi, la grave crisi del sistema idroelettrico che ha messo in ginocchio vaste zone del Paese; il tracollo dell’ambizioso programma socio-sanitario bolivariano Barrio adentro che mirava a fornire assistenza medica statale ai ceti più poveri e alle comunità emarginate e che, negli anni passati, secondo i dati dell’Oms aveva contribuito a ridurre la mortalità infantile.

    Così, mentre la Colombia vive un boom economico – il peso colombiano nel 2010 è stata la moneta più rivalutata del mondo, il Paese è il terzo esportatore mondiale di caffè e il quarto produttore latinoamericano di petrolio – il Venezuela vive una parabola contraria, con una produzione petrolifera (il Venezuela è il primo produttore dell’America latina) che si contrae, man mano che quella colombiana si espande, con la prospettiva che, fra poco tempo, le produzioni dei due Paesi finiscano per essere equivalenti.

    Ma Hugo Chávez non si dà per vinto. A luglio scorso ha fatto riesumare le spoglie del Libertador, l’eroe nazionale di origine venezuelana Simón Bolívar morto nel 1830 a Santa Marta, città colombiana della costa atlantica, per capire se fosse stato veramente ucciso dalla tubercolosi o, piuttosto, da mani colombiane. E ha trasmesso la riesumazione del corpo in Tv, commentando lui stesso in diretta televisiva, con toni enfatici e solenni, il grande evento. Ma le elezioni parlamentari sono un chiaro avvertimento: adesso Chávez si trova di fronte un’opposizione compatta, organizzata e agguerrita, forte di un sostegno popolare più vasto che negli anni scorsi. L’era chavista non si avvia ancora alla conclusione. Ma di certo d’ora in poi non avrà vita facile.    

a cura di Giulia Cerqueti
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